Il settore Moda rallenta la corsa, perderà 47.000 addetti per pensioni

Una foto di operatrici nella Fiera della Moda e del Tessile
Una foto di operatrici nella Fiera della Moda e del Tessile

MILANO. – Il fatturato della Moda Italia crescerà nel primo semestre dell’anno solo dell’1,5%, dimezzando la sua corsa rispetto allo stesso periodo 2018. La stima è di Sistema Moda Italia che, facendo il punto sul preconsuntivo del 2018 e le stime 2019, lancia un allarme: in cinque anni andranno in pensione 47.000 addetti del settore mentre solo 10.000 neodiplomati usciranno dalle scuole professionali. Un ‘buco’ che l’introduzione di ‘Quota 100’ aggraverà, con l’emergenza che potrebbe concretizzarsi in soli 2-3 anni.

Il presidente di Smi, Marino Vago, non ha peli sulla lingua: “la questione relativa a ‘Quota 100’ è stata oggetto di un mio intervento al tavolo con il ministro Di Maio, da cui ho ricevuto una risposta stizzita”. La federazione che presiede raggruppa 50.000 aziende di tessile e abbigliamento, parte delle 67.000 imprese di Confindustria Moda. Una realtà che rivendica di essere “un asset strategico che meriterebbe più attenzione”, capace di generare nel 2018 oltre 55 dei 96 miliardi di ricavi della Moda italiana (che oltre ad abiti e tessuti, comprende anche occhiali, gioielli, calzature e accessori).

Il grido d’allarme di Vago non è nuovo, ma ha maggiore rilievo all’indomani della presentazione del Def che ha messo nero su bianco una ‘crescita’ asfittica dello 0,2%. “Che la precedente stima fosse un’utopia l’avevamo detto” spiega Vago, cui però il ruolo della Cassandra sta stretto, perché “non è che ci divertiamo a fare previsioni fosche: se ci ascoltassero, si potrebbero prendere delle iniziative”.

Ora all’orizzonte si addensano nuvole che si chiamano stagnazione, Brexit e guerra dei dazi. Il settore teme. Se il 2018 si è chiuso con un aumento dei ricavi del +2,1%, il primo semestre dell’anno è partito con una palla al piede. Pure l’export, tradizionalmente il campione della moda, è in affanno col fatturato che dovrebbe crescere dell’1,8%, ma senza lo stesso slancio (+2,6%) mostrato nel gennaio-giugno 2018. Il ‘downsizing’ innescato dalle crisi 2005 e 2009 ha fatto sì che il settore, dal 2013, abbia perso oltre 12.000 dipendenti.

La moda italiana ha trovato ora un suo equilibrio e le “competenze distintive” sono considerate l’asset preferenziale per agganciare quei 3,7 miliardi di vendite in più che gli analisti di Prometeia credono possibili entro il 2023. A meno che non manchino tintori, tessitori, operai e tecnici. “Abbiamo un Governo che ha un programma che è un non senso – è critico Vago -. Sono due anime che hanno posizioni che sarebbero inconciliabili. Non so quanto questa cosa possa reggere, ma ne stiamo pagando le conseguenze come Paese”. A chi gli fa notare che i Navigator potrebbero trovare gli addetti che servono alla moda risponde laconico “speriamo”.

(di Giorgia Bentivogli/ANSA)

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