A L’Aquila dieci anni dopo, la ricostruzione è a metà

Il centro dell'Aquila cantiere. 2019
Il centro dell'Aquila cantiere. (Foto 2019 Enrica Di Battista /ANSA)

ROMA. – A dieci anni dal 6 aprile 2009 la ricostruzione materiale dell’Aquila, faticosamente, procede. A stentare è il ritorno alla vita vera. Tornano a splendere chiese e palazzi, i gioielli della città di Federico II. Le periferie sono completate da anni, la ricostruzione privata del centro storico è in fase avanzata, anche se ancora manca tanto.

La vera ombra riguarda la ricostruzione pubblica, praticamente al palo, in particolare quella delle scuole: nessuna ad oggi è stata ricostruita, una è in ricostruzione, la Mariele Ventre. Restano come nel 2009 gli scheletri delle vecchie scuole, abbandonate e non demolite, dalla Mazzini alla Carducci all’Istituto d’Arte Muzi. Da diversi anni sono disponibili 44 milioni ma le uniche scuole ricostruite e rientrate in centro sono due private.

I bambini delle tante pubbliche vanno ancora a lezione nei MUSP, Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio che nel 2009 fecero fronte all’emergenza. “Sono pur sempre lamiere”, sottolinea Silvia Frezza della Commissione Oltre il MUSP. Ci sono dunque ragazzi che non hanno mai conosciuto una scuola vera. Un discorso a parte va fatto per le 60 frazioni del capoluogo: ad esempio Onna, Paganica e Tempera mostrano evidenti i segni dei ritardi e in alcuni luoghi il tempo sembra essersi fermato alle 3:32 di quel 6 aprile di 10 anni fa.

Il dato complessivo dei contributi concessi per tutte le frazioni è pari a 1.627 istruttorie per un totale di 6.765 unità immobiliari. Per non parlare di alcuni dei 56 Comuni del cosiddetto cratere sismico, dove la ricostruzione muove ancora i primi passi. In che stato si trovano le 19 New Town, che nel 2009 furono costruite per ospitare 16 mila aquilani? Molte già negli anni scorsi hanno perso pezzi, come a Cese di Preturo dove sono caduti i balconi e sono stati posti i sigilli. In quelle in buono stato e nei Map, le casette monofamiliari di legno, vivono ancora tremila sfollati. Di sicuro questa redistribuzione della popolazione ha dilatato la città lungo un asse viario di oltre 30 chilometri, con un incremento esponenziale dell’uso dell’automobile.

C’è poi la ricostruzione immateriale. Il sisma è un trauma che incide per decenni sulle comunità e la vita all’Aquila è segnata per sempre da un prima e da un dopo terremoto, una sorta di terreno avanti e dopo Cristo. E quel dopo è ancora molto lontano dalla vita di prima. Il cuore della città è il più grande cantiere d’Europa e come tale è un enorme dedalo di vie, circa 177 ettari, percorse da mezzi di operai e betoniere, dove è assordante l’eco dei martelli pneumatici ma non si sentono gli schiamazzi dei bambini.

Il centro storico è ancora praticamente disabitato: vive di giorno con gli operai e la sera del fine settimana con la movida. Hanno aperto circa 80 attività commerciali, un dato ben lontano, ricorda Confcommercio L’Aquila, dalle oltre mille botteghe di prima del terremoto. Questi pionieri che hanno scommesso sulla ripartenza del centro storico sono oggi a rischio chiusura, scontano l’assenza di residenti. Quello che chiedono a gran voce è la realizzazione di parcheggi, il rientro di uffici, banche e poste per far tornare un flusso.

Il Comune sta lavorando sul rientro di alcuni enti e su tre grandi posteggi ma i tempi non saranno brevi. D’altra parte, sottolinea il sindaco Pierluigi Biondi, che ha appena archiviato una crisi nella giunta, quello dell’Aquila è “il più importante esempio di rigenerazione urbana dal dopoguerra”. Su ANSA.it saranno pubblicati video, foto e approfondimenti sul decennale del sisma.

(di Enrica Di Battista/ANSA)

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