L’economia fiacca congela i prezzi, tranne la benzina

Un benzinaio ad un distributore di benzina. Prezzi

ROMA. – I prezzi accusano il colpo di un’economia in modalità ‘slow motion’. Nelle stime dell’Istat l’inflazione a marzo non va oltre l’1%, immutata rispetto al dato di febbraio e lontana dai livelli di qualche mese fa. Una debolezza che fa il paio con il calo del clima di fiducia dei consumatori, registrato giusto qualche giorno fa sempre dall’Istituto di statistica.

Anche se per le famiglie alle prese con il ‘carrello della spesa’ il conto è un po’ più salato. I prodotti che finiscono nella lista quotidiana degli acquisti, infatti, pur rallentando, restano sopra il tasso generale, attestandosi all’1,3%. Uno ‘spread’ che non aiuta. D’altra parte, in questo scenario, l’indice dei prezzi è vulnerabile alle oscillazioni dei prodotti alimentari e dell’energia.

E nel corso del mese si è assistito a una ripresa dei rincari sui carburanti, in rialzo su base annua del 2,7%. Aggiungendo questa voce al paniere delle spese più frequenti il tasso d’inflazione risulta aumentato di un terzo (all’1,6). Insomma dietro un’inflazione stabile non mancano i saliscendi. Ecco che agli aumenti registrati per benzina (che torna positiva a +0,3%) e diesel (+5,7%) fa da contraltare la frenata segnata dalla verdura, protagonista a febbraio di un’impennata che aveva visto i prezzi crescere a doppia cifra (la crescita ora si dimezza ma resta notevole, +9,4%).

Basti pensare che togliendo l’energia e gli alimentari freschi il tasso d’inflazione si ferma allo 0,5%. Per le associazioni dei consumatori, agli italiani dice comunque male, con aggravi annui sulla spesa di oltre 300 euro per le famiglie ‘tipo’, stima il Codacons. Anche le organizzazioni dei commercianti restano piuttosto deluse dal dato: per Confcommercio pesa la forbice a sfavore dei prodotti a più alta frequenza di acquisto. Quindi neanche i prezzi bassi riescono a fare da leva ai consumi perché la “percezione delle famiglie” è diversa.

Per Confesercenti non c’è da stupirsi, gli ultimi numeri dell’Istat “sono in linea con le stime al ribasso della nostra economia diffuse in questi giorni”. Il riferimento va al taglio delle stime di crescita operato da Confindustria e dalle agenzie di rating S&P e Fitch. E ormai è scontata anche una drastica revisione al ribasso nel Def, il documento di economia e finanza.

Un Prodotto interno lordo vicino allo zero, un commercio estero fiaccato dalla guerra dei dazi e un contesto globale in rallentamento non sono certo la ricetta giusta per ottenere un tasso d’inflazione ‘sano’, ovvero vicino al 2% come indicato dalla Banca centrale europea. Ma il governatore della Banca d’Italia, in occasione dell’assemblea dei partecipanti al capitale, ha tenuto a ricordare che quello è “l’obiettivo” e che la Bce lo persegue con “tutti gli strumenti a disposizione”.

L’Italia però è ancora più distante rispetto agli altri Paesi. In tutto ciò una variabile fondamentale è rappresentata dal mercato del lavoro, che finora ha retto ai venti di recessione. Occhi puntati quindi sulle stime relative alle forze lavoro che verranno rilasciate dall’Istat lunedì.

(di Marianna Berti/ANSA)

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