Lascia carità “solo per italiani”. Il prete: “Riprenditela

In una foto d'archivio l'altare e l'interno di una chiesa. Carità
In una foto d'archivio l'altare e l'interno di una chiesa. (ANSA)

VENEZIA. – Una busta con un’offerta per i poveri ma a una condizione: che venga utilizzata solo per gli italiani, anzi, gli “italiani da sempre”, e “gli stranieri per ultimi”. A scrivere le istruzioni per l’uso della carità è stato un ignoto fedele al quale il parroco, sul bollettino parrocchiale, ha replicato in maniera netta: chi pensa così fa bene a “interrogarsi seriamente sul suo essere cristiano” e quanto all’offerta “se la può venire a riprendere”.

La riflessione breve e chiara, alla luce del Vangelo, è stata formulata da don Gino Cicutto, parroco della chiesa di San Nicolò e San Marco a Mira (Venezia), lungo la Riviera del Brenta, e l’episodio è stato rivelato con un ammonimento ai cristiani della sua comunità a non “rovinare il patrimonio” della fede, a suo dire corrotto da “slogan” che si sentono e che non corrispondono al sentire dei cattolici.

Ogni settimana, sul foglietto parrocchiale di Mira compaiono gli “Appunti di don Gino”, piccole riflessioni che prendono spunto dall’attualità del mondo, della Chiesa o della società. Ieri don Gino ha preso spunto in particolare dal coraggio del Papa contro la pedofilia tra il clero, sull’importanza dell’Eucaristia nella vita del cristiano. Poi un trafiletto dal titolo “La carità vera”, con l’esempio concreto capitato in settimana proprio nella sua chiesa.

“Qualche giorno fa – rivela don Cicutto – ho trovato nella cassetta della Caritas una busta contenente un’offerta per i poveri. Quanto era scritto sulla busta mi ha profondamente amareggiato e umiliato. C’era scritto: ‘Pro anziani, malati, al freddo o alla fame, italiani da sempre, in primis! Gli stranieri per ultimi!'”.

Di fronte a questa provocazione un po’ rimaneggiata del “Prima gli italiani”, il sacerdote non è rimasto indifferente: “Queste parole – scrive nel suo articolo – ripropongono slogan che siamo abituati a sentire, ma non hanno niente a che fare con la fede e la vita cristiana, che considera i più poveri tra i primi, senza guardare il colore della pelle o la provenienza”.

Questo modo di pensare non cristiano inoltre, per il prete veneziano, nasce da “parole che ascoltiamo o che leggiamo ogni giorno” e che “hanno la forza di incidere sulle coscienze e di rovinare quel patrimonio cristiano che il Vangelo continua a donarci e la Chiesa non si stanca di proporre con gioia e con forza”.

Da qui sono infine scaturiti l’invito e il monito rivolti all’anonimo donatore: “La persona che ha scritto queste parole deve interrogarsi seriamente sul suo essere cristiano e, se non è d’accordo su quello che è la vera carità può passare per la canonica a riprendersi la sua ‘offerta’. Insomma un respingere al mittente un gesto che avrebbe dovuto essere disinteressato e umano, proprio perché caritatevole, ma che nelle intenzione dell’ignoto donatore era gravato dal pregiudizio razziale che il sacerdote ha pubblicamente stigmatizzato.

Non solo. Don Gino, redarguendo il donatore, gli ha anche suggerito cosa farsene di quei soldi che avrebbero dovuto avere un destinatario preciso ed esclusivo: “eventualmente – ha concluso il parroco di Mira – può consegnare l’offerta a chi la pensa come lui, ma non deporla davanti al Signore”.

(di Andrea Buoso/ANSA)

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