Di Maio al bivio su Tav, stretto tra Grillo e base

Intanto i lavori nel tunnel della Tav proseguono. Di Maio
Intanto i lavori nel tunnel della Tav proseguono.

ROMA. – Una telefonata a Rocco Casalino, portavoce del premier, per chiedere, e poi ottenere, una smentita del presunto orientamento del presidente del Consiglio per la cosiddetta mini-Tav. L’ala No Tav più combattiva del M5s l’ha chiesta questa mattina al portavoce di palazzo Chigi, allarmata per le indiscrezioni di stampa che attribuivano al premier un orientamento favorevole a questo progetto indicato come un possibile compromesso tra i contrapposti orientamenti di Lega e M5s sulla Torino – Lione. Ed ha quindi ottenuto un ennesimo slittamento nei fatti.

“La mini Tav sarebbe solo una versione ridotta di uno scempio”, protestano i 5 Stelle No Tav più ortodossi, che alzano gli scudi forti anche del No al progetto ridimensionato, già affossato da Luigi Di Maio. Si alza dunque ulteriormente la tensione tra i 5 stelle sull’alta velocità, con il leader stretto tra l’incudine degli ortodossi e il martello di Beppe Grillo.

Il vicepremier pentastellato non alza la voce in queste ore ma, dopo aver già bollato come una “supercazzola” il progetto, lascia parlare gli “arrabbiati” del movimento in attesa di nuovi sviluppi. Per i 5 Stelle No Tav, si sottolinea tra i pentastellati, la Torino – Lione è “una questione ideologica” e dunque un qualsiasi progetto che lasci intatta la galleria di base viene visto come fumo negli occhi.

Insomma, “non potrà mai essere un punto di caduta” visto che il nodo resta chiaro: un Sì o un No al tunnel di base. E questo è il punto che il piano Mini Tav non scioglie. E che, viene fatto notare, non piacerebbe neppure ai Si Tav piemontesi, perché lascerebbe fuori proprio le infrastrutture che ricadono nella regione.

Cosa diversa sarebbe invece, fanno notare i pentastellati, un progetto alternativo come ad esempio quello allargamento del Frejus che alcuni tecnici ritengono sostenibile ed altri bocciano. Al netto dei costi che sarebbero sensibilmente inferiori (1,2-1,8 mld contro i 9,6 mld del costo massimo dell’opera). Se dunque il “sondaggio” del del premier, unito alle previsioni del ministro dell’Economia che crede in uno sbocco positivo del dossier Tav, doveva servire a testare il terreno, la risposta dal Movimento è stata ancora negativa. Mettendo nuovamente sotto pressione Di Maio, che sulla questione ha puntati su di sé gli occhi di Beppe Grillo, il quale nel frattempo porta il suo show proprio a Torino, e di Alessandro Di Battista.

Al momento, l’unica strada percorribile per il governo sembra restare quella del rinvio. Se (l’ipotesi è ancora d’obbligo) il ministro delle Infrastrutture dovesse decidere di autorizzare l’avvio dei bandi (forte del fatto che possono essere fermati entro 6 mesi) da un lato – è il ragionamento che si fa in ambienti di governo – metterebbe per il momento a tacere i Si Tav e molto probabilmente riuscirebbe a stoppare anche al progetto di referendum lanciato da Chiamparino.

Dall’altro sarebbe un boccone amaro da far digerire politicamente ai No Tav, almeno fintanto che i bandi non venissero revocati. Lo spauracchio delle cosiddette “penali” (non esisterebbe giuridicamente se non per una piccola quota) non sembra preoccupare i 5 Stelle (sarebbe un atto politico che dovrebbe arrivare dal nuovo parlamento europeo).

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