Salvini: “Legittima difesa si farà”. Ed è scontro con le toghe

Il leader della Lega Nord Matteo Salvini, con i deputati del partito, manifesta per la legittima difesa davanti a Montecitorio, mostra la maglietta con la scritta "La difesa è sempre legittima"
Il leader della Lega Nord Matteo Salvini, con i deputati del partito, manifesta per la legittima difesa davanti a Montecitorio, Roma, 4 maggio 2017. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

ROMA. – “La legittima difesa sarà legge entro marzo”. Matteo Salvini prova di nuovo a blindare il provvedimento-bandiera della Lega, aggiornandone la deadline (inizialmente l’auspicio era per febbraio) dopo il rinvio dell’esame della Camera, chiesto dal suo stesso partito ufficialmente per motivi tecnici. Il testo infatti tornerà in Aula il 5 marzo, non prima. E per l’approvazione definitiva, la parola passerà comunque al Senato.

Ma a 24 ore dal rinvio, è con le toghe che si riaccende lo scontro: il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci, rivela che spera in un rinvio sine die perché la norma avrebbe “gravi profili di incostituzionalità”.

La zampata del ministro dell’Interno non si fa attendere: “Le dichiarazioni dell’Anm sono di una gravità assoluta, non spetta a un magistrato dire quale legge bisogna fare e non fare”. E dalla sua si schiera il Guardasigilli Alfonso Bonafede del Movimento 5 stelle: “La legge la condividiamo e riteniamo debba andare avanti”.

Sulla legittima difesa il contrasto con la magistratura è una vecchia crepa: già durante le audizioni nella commissione Giustizia, Minisci aveva elencato le sue perplessità sul disegno di legge che modificherebbe l’articolo 52 del codice penale: incostituzionalità (il ddl fa differenza “tra la legittima difesa e le altre scriminanti, che hanno invece tutte la stessa dignità”) e inutilità della riforma (“il tema è sufficientemente regolamentato”).

Inoltre, per Minisci “si lancia il messaggio che se succede un fatto astrattamente riconducibile alla legittima difesa, non si deve fare nessun accertamento. Ma non è possibile perché se un soggetto muore, le indagini il pm le deve fare”.

Non è così per il ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno: “Smentisco in maniera categorica che con questa norma si impedirebbero le indagini”. Per la leghista “il testo aiuterà i magistrati nelle indagini, perché traccia in modo chiaro i confini delle condotte lecite di chi si difende da un’aggressione”.

Contrarie le opposizioni, cioè il Pd e Liberi e uguali, che, compatti nel no al ddl, hanno presentato emendamenti. A braccetto, ma in senso opposto, Forza Italia e Fratelli d’Italia: entrambi spingono per rafforzare il testo soprattutto in nome del concetto di diritto alla difesa, ‘rivendicato’ indipendentemente dalle intenzioni di un eventuale aggressore che entra in casa. A entrambi quindi non va giù lo slittamento del testo.

Ma al partito di Berlusconi brucia di più. In primis perché a chiedere il rinvio è stato il Carroccio e poi perché la scelta sembra allontanare ulteriormente l’alleato elettorale dal centrodestra. “L’unica strategia di questo governo è quella del rinvio: si rinvia la Tav, l’autonomia regionale e adesso pure la legittima difesa. I no dei 5 Stelle ci stanno portando nel baratro”, twitta amara Mariastella Gelmini.

Parole a cui la Lega risponde chiudendo la porta. “Gli italiani stanno dimostrando che vogliono qualcosa di nuovo. I protagonisti del vecchio centrodestra non ci sono più”, affonda il tiro il deputato Claudio Borghi. Più soft, ma netto, Salvini: “Con Berlusconi e Meloni ci sentiamo sempre”, dice riferendosi alle campagne elettorali locali. “Ma a livello nazionale ho dato una parola sul governo, ho firmato un impegno e la mia parola vale più di ogni altra cosa”, sentenzia.

Intanto nei corridoi di Montecitorio passa la voce che il ‘tecnicismo’ del rinvio di una settimana sia legato all’ autosospensione della presidente della commissione Giustizia Giulia Sarti, per la questione dei rimborsi M5s. E’ stata lei ad aver coordinato l’esame del ddl in commissione e ora la sua mancanza si fa sentire sui vertici del Comitato dei nove, ossia l’organismo che in misura ristretta riferisce all’Aula il lavoro fatto nella prima fase. Un problema superabile (potrebbe assumere il ruolo il vicepresidente), che però nasconde la fibrillazione e le divisioni nel Movimento sulla legittima difesa e sui contrasti tra ortodossi e ‘governativi’ 5S.

(di Michela Suglia/ANSA)

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