M5S vira verso “no”, ma sul governo piomba l’ombra del Pil

Il Vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, nell'aula di Montecitorio.
Il Vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, nell'aula di Montecitorio.

ROMA. – Depositare la memoria del premier Giuseppe Conte, del vicepremier Luigi Di Maio e del ministri Danilo Toninelli in Giunta ufficializzando, in qualche modo, “l’autodenuncia” di tutto il governo. E’ su questo punto che si concentra la strategia politica del M5S per arrivare a un “no” all’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini senza perdere la faccia con la propria base. Ma è un “no” che, all’interno del Movimento, pesa non poco, parallelamente al crescere dell’irritazione nei confronti del leader della Lega che, si sottolinea nel M5S, senza avvertire l’alleato ha optato per un cambio a 360° a mezzo stampa.

Ufficialmente, nessuno si sbilancia sulla linea che terrà il Movimento in Giunta delle Immunità al Senato. Di certo, poco emergerà prima che sarà sentito Salvini. E, al momento, la memoria di Conte-Di Maio-Toninelli ha valore esclusivamente politico con il M5S che, rivolgendosi a parlamentari e base, intende spiegare la differenza tra il “caso Salvini” e quelli, di corruzione, peculato, tangenti, per i quali i pentastellati si battono storicamente per cancellare l’immunità. Servirà a poco, invece, ai fini del voto. Che in Giunta ci sarà comunque.

Una delle tesi, in mattinata, è che il M5S voterà sì a S. Ivo alla Sapienza ma “no” in Aula al Senato quando, venti senatori (leghisti, probabilmente) chiederanno di votare una proposta alternativa a quella votata in Giunta. Poi, una volta che saranno “richiamati” in Giunta i ministri coinvolti, il Movimento potrebbe votare sì.

Ma è una soluzione di medio-lungo periodo. E, con il passare delle ore, si fa strada un’alternativa ancor più ancorata alla realpolitik: arrivare al “no” già in Giunta evitando il rischio spaccatura in Aula e blindando il governo. Anche perché, al momento, una parte del Movimento – a cominciare dagli ortodossi – non sembra smuoversi dal “si”. “E’ il momento più delicato per l’alleanza”, spiega, a metà pomeriggio, un parlamentare dell’ “inner circle” di Di Maio dando il senso del “cul de sac” in cui è finito il M5S.

Di Maio e Salvini si vedono nel pomeriggio a Palazzo Chigi per il Comitato interministeriale degli Affari Europei. “Il clima è stato buono”, spiega una fonte di governo di area leghista. Del resto, Salvini dal vertice notturno di ieri, si dice “tranquillo” anche perché la “palla” del voto in Giunta è ora tutta nel Movimento.

Ma c’è un altro tassello a placare gli animi giallo-verdi: i dati Istat che domani certificheranno la recessione tecnica dell’Italia. Dati che, sottolineano a Palazzo Chigi, fanno riferimento alle politiche economiche del passato. Ma che rischiano, allo stesso tempo, di provocare un nuovo tsunami sul governo giallo-verde. Da qui, la necessità di recuperare una certa compattezza rilanciando le due misure bandiera del governo, reddito di cittadinanza e quota 100, “disegnando” un secondo semestre del 2019 segnato dal Pil positivo.

E’ il premier Conte – ma, si sottolinea, anche il presidente della Camera Roberto Fico si è “mosso” – invece, a disinnescare il caso Sea Watch portando allo sbarco momentaneo dei migranti a Catania. Ma non sarà l’ultimo caso. E il mantra elettorale dei porti chiusi, tra i pentastellati, vede moltiplicare rapidamente i suoi nemici.

(di Michele Esposito/ANSA)

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