Artigiani, in cinque anni centomila in meno. Ma ecco i nuovi mestieri

Le mani di un falegname intagliando un tavolo.
Le mani di un falegname intagliando un tavolo.

ROMA. – La caccia all’elettricista e al falegname è aperta, ma se serve un tatuatore, nessun problema: nell’Italia che si affaccia al 2019 il mondo dell’artigianato, si riduce e cambia con nuovi mestieri che si affermano a scapito di quelli più tradizionali. Le imprese artigiane sono 1,3 milioni ma negli ultimi 5 anni, tra il 2015 e il 2018 se ne sono perse quasi 100 mila, per l’esattezza 98.784.

A fare i conti l’ultimo rapporto Unioncamere e Infocamere. In particolare crescono i servizi di pulizia, utilizzati soprattutto per uffici e aree commerciali, aumentati di quasi 5.700 unità, dei tatuatori (+4.315), giardinieri (+3.554), delle agenzie di disbrigo pratiche (+1.809) e dei parrucchieri ed estetisti (+1.758). Muratori e “padroncini” diminuiscono invece rispettivamente di quasi 24mila e oltre 13mila unità; 6.031 gli elettricisti che hanno dichiarato forfait, 5.337 i piastrellisti, 4.509 i pittori edili.

In termini percentuali, ad aumentare di più tra settembre 2013 e settembre 2018 sono i servizi di pulizia (45%), le imprese artigiane di giardinieri (+27%) o quelle che si occupano della riparazione e manutenzione dei macchinari (+16%). A due cifre anche la crescita delle attività di confezione di vestiti da sposa o da cerimonia e le sartorie su misura (+11%). Tassisti, panettieri e parrucchieri/estetisti registrano incrementi meno elevati, compresi tra il +3,1 e il +1,4%.

Negli ultimi cinque anni, le maggiori sofferenze nel mondo artigiano hanno riguardato invece le imprese di costruzione, quelle di trasporto e le attività di falegnameria (-20% in tutti i casi). Le lavanderie si riducono del 17%, i piastrellisti del 15%, gli imbianchini del 14%, i fabbri del 13%. Anche le attività che realizzano lavori di meccanica generale, come la tornitura o fresatura, lasciano sul campo l’11% delle imprese. Stabili fornai e parrucchieri con una variazione in 5 anni rispettivamente del 2,8% e dell’1,4%.

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