Bufera su Trump per il ritiro delle truppe dalla Siria

Soldati americani sui mezzi blindati in Siria
Le truppe USA si ritirano dalla Siria e interrompono gli attacchi contro l'ISIS

WASHINGTON. – “Gli Stati Uniti non vogliono essere il poliziotto del Medio Oriente. Ora tocca agli altri combattere”. Donald Trump non arretra di un millimetro il giorno dopo l’annuncio a sorpresa del ritiro immediato delle truppe Usa dalla Siria, circa duemila soldati che dovranno tornare a casa entro 30 giorni. Una mossa decisa contro tutto e tutti e che sta scatenando l’ennesima bufera attorno al presidente americano, alimentando caos e grande preoccupazione in Congresso e tra i Paesi della coalizione anti-Isis.

E mentre dalla capitali alleate arrivano a Washington decine di telefonate per capire cosa stia succedendo, solo Vladimir Putin plaude alla decisione: “Donald ha ragione, ha fatto bene”, sentenzia lo zar del Cremlino, che da sempre parla di presenza “illegale” degli Usa in Siria. E già pregusta i vantaggi di una Russia che avrà mani libere nella regione, così come l’Iran e come la Turchia, pronta a una nuova offensiva sulle milizie curde da quattro anni armate ed addestrate dagli americani, ed ora di fatto abbandonate al loro destino.

Sullo sfondo il pericolo che l’Isis, marginalizzato in un’area al confine con l’Iraq, possa rialzare la testa, nonostante Trump canti vittoria. Una vittoria che per molti è ancora lontana dall’essere definitiva. E’ proprio quest’ultimo il peggior timore di chi nelle ultime ore continua disperatamente a pressare per un ripensamento del tycoon: al Pentagono, dove si parla di “errore colossale”, e all’interno della stessa Casa Bianca, dove il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton giorni fa aveva indicato una strada ben diversa sulla questione siriana.

Il segretario di Stato Jim Mattis sarebbe poi infuriato: l’ordine categorico dato dal presidente attorno al tavolo della Situation Room è l’ennesimo schiaffo alla linea più prudente dell’ex generale, già sconfessato nelle ultime settimane su vari fronti, dalla scelta del nuovo capo delle forze armate alla decisione di inviare i soldati al confine col Messico, avversata da ‘Mat Dog’ che a questo punto potrebbe pensare all’addio.

Intanto Benyamin Netanyahu ha assicurato che Israele “continuerà ad agire con forza contro i tentativi dell’Iran di arroccarsi in Siria”: “Intensificheremo gli sforzi e so che lo faremo con il pieno sostegno e appoggio degli Usa”, ha affermato. Mentre al Congresso si alza un coro bipartisan per chiedere al presidente un chiarimento, soprattutto sulla strategia complessiva dietro la sua decisione.

Con molti osservatori che mettono in evidenza come la posizione assunta da Trump sia paradossalmente molto simile all’atteggiamento di Barack Obama sulla politica da seguire in Medio Oriente, una visione secondo cui non è compito degli Usa interferire negli affari della regione. Solo che allora Obama, che pose fine all’avventura in Iraq, sulla Siria ascoltò invece chi predicava cautela. Mentre oggi a Washington già ci si chiede se il prossimo passo del tycoon non sarà l’addio all’Afghanistan.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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