La rete globale della ‘Ndrangheta, novanta arresti tra Europa e Colombia

Un ufficiale della DIA di spalle. Mafia
Un ufficiale della DIA di spalle.

ROMA. – La cocaina smistata direttamente dal sud America nei porti di Anversa e Rotterdam; il fiume di denaro proveniente dalla vendita di droga riciclato in società pulite alle quali erano intestate pizzerie e gelaterie in diversi paesi del nord Europa; i boss che si incontrano nelle salette riservate dei ristoranti di loro proprietà in Germania.

I novanta arresti scattati all’alba tra Italia, Belgio, Olanda, Germania e Colombia sono la conferma che la ‘Ndrangheta non è più soltanto la più potente organizzazione criminale italiana, in grado di trattare direttamente con i narcos sudamericani e messicani. E’ una struttura sempre più internazionale che ‘delocalizza’ i propri interessi nei paesi più ricchi e ‘appetibili’, senza perdere le proprie origini.

L’indagine che ha portato a confermare quel che i magistrati italiani teorizzano da tempo nasce da due diversi filoni d’inchiesta: uno sviluppato dall’Olanda e riguardante alcune pizzerie riconducibili a personaggi legati alle cosche e uno portato avanti dalla Dda di Reggio Calabria con Polizia e Guardia di Finanza sui Pelle-Vottari, la storica famiglia di San Luca coinvolta nella faida tra i Nirta e gli Strangio che portò alla strage di Ferragosto 2007 a Duisburg, in Germania.

E proprio il coinvolgimento di diversi paesi ha fatto sì che, per la prima volta, tutte le fasi dell’inchiesta fossero seguite da una ‘Squadra investigativa comune’ composta da magistrati e forze di polizia italiane, tedesche e olandesi. “Una straordinaria novità – l’ha definita il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho – con le polizie che hanno lavorato come una unica squadra con scambio di informazioni e intelligence”. Anche perché, ha sottolineato il capo dello Sco Alessandro Giuliano, “questo è oggi l’unico modo per contrastare la più potente organizzazione mafiosa transnazionale”.

Quanto pericolosa sia diventata la ‘Ndrangheta, gli inquirenti lo rilevano da una circostanza, anche questa una novità: le cosche hanno proposto ai fornitori brasiliani di pagare la cocaina in bitcoin. Un pagamento che alla fine non è andato in porto, dice il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, “probabilmente per l’incapacità dei brasiliani: abbiamo le prove che la ‘Ndrangheta si è portata avanti, lei era pronta, altri no”.

Una delle figure centrali emerse nell’indagine è Giovanni Giorgi, un calabrese di 52 anni di Bovalino che, prima in Germania e poi in Olanda, era diventato il punto di riferimento dei Pelle-Vottari e dei Romeo di San Luca ma anche dei Cua-Ietto di Natile di Careri e degli Ursini di Gioiosa Jonica: tramite lui le cosche reinvestivano i capitali illeciti in decine di locali nel nord Europa. Solo in Germania sono stati perquisiti 65 locali soprattutto nei Laender Nord Reno-Vestfalia e Baviera, ma anche a Berlino, e confiscati beni per 5 milioni.

Ed è in alcuni di questi ristoranti e negozi che si riunivano i boss per decidere le strategie operative e per stoccare la cocaina (l’indagine ha documentato l’acquisto di almeno due tonnellate di droga, di cui 500 kg sequestrati) in arrivo direttamente dal sud America nei porti di Rotterdam e Anversa. Droga che poi, tramite gruppi criminali turchi di turchi e albanesi, veniva trasportata in giro per l’Europa nascosta in auto dotate di doppifondi “impermeabili” ai normali controlli di polizia. La Ndrangheta, dice ancora Lombardo, “non opera all’estero per necessità: si sta stratificando e stabilizzando in quei paesi nella misura in cui l’estero diventa più appetibile per i suoi affari”. Senza mai dimenticare la ‘casa madre’.

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