Patto Trump e Xi spinge i mercati: “Via anche i dazi sulle auto”

Il Presidente Donald Trump parla durante l'incontro bilaterale con il President Xi Jinping.
Il Presidente Donald Trump parla durante l'incontro bilaterale con il Presidente Xi Jinping in occasione del G20 in Argentina. (ANSA/AP Photo/Pablo Martinez Monsivais)

WASHINGTON.- I mercati brindano al patto Trump-Xi. La tregua sui dazi regala nuovo ottimismo e viene premiata su tutte le principali piazze finanziarie, dall’Asia a Wall Street passando per l’Europa, dove Milano è stata la migliore. L’aver scongiurato, almeno per il momento, un’escalation della guerra commerciale attenua le preoccupazioni per quel rallentamento dell’economia globale che si intravede all’orizzonte.

A volare sono soprattutto i titoli delle grandi case automobilistiche, Mercedes e Bmw in testa, perché al suo ritorno a Washington dal G20 di Baires il presidente americano svela che sì, la Cina si è impegnata anche a “ridurre o rimuovere” i dazi sulle auto importate dagli Usa. Una novità che viene confermata dal consigliere economico della Casa Bianca, Larry Kudlow, il quale però stempera l’entusiasmo del tycoon: “Un accordo specifico in realtà ancora non esiste, anche se ci aspettiamo che i dazi sulle auto vengano azzerati. Credo sia questo l’impegno preso da Pechino”.

E sì, ‘credo’, perché due giorni dopo il faccia a faccia tra i due leader non sono ancora chiari contorni e contenuti di quanto Xi e i suoi si sono impegnati a fare. Anche perché molti degli aspetti sottolineati dagli Usa non sono stati confermati dalle autorità cinesi. Compresa l’esatta portata della promessa fatta da Xi di acquistare immediatamente beni ‘made in Usa’ per riequilibrare il deficit commerciale tra i due Paesi. Una decisione che in primis dovrebbe riguardare prodotti agricoli come soia, mais e carne di maiale.

Così se Trump definisce “straordinario” l’incontro con Xi e – citando addirittura Mao Zedong – parla di “grande balzo in avanti” nelle relazioni Usa-Cina, i suoi collaboratori, senza distinzione tra falchi e colombe, predicano prudenza sugli impegni presi dalla controparte. “Parlare non costa niente, ora quello che vogliamo vedere entro 90 giorni sono cambiamenti immediati, strutturali e verificabili”, afferma il superfalco Peter Navarro, consigliere per le politiche commerciali del presidente.

Su questo concorda il più moderato Steve Mnuchin, segretario al Tesoro: “Servono passi concreti, abbiamo bisogno di vedere qualcosa di concreto nelle prossime settimane”. Mnuchin comunque spiega come “questa è la prima volta che abbiamo un impegno da parte della Cina che può portare ad un accordo reale”, sottolineando come Pechino abbia messo sul tavolo anche un’offerta di oltre 1.200 miliardi di dollari in ulteriori impegni. Ma – ha aggiunto anche lui – i dettagli devono ancora essere negoziati.

Le trattative in effetti, come emerso fin dall’inizio, dovrebbero essere a tutto campo e riguardare l’ingresso delle aziende Usa nel mercato cinese, il furto di tecnologie, la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, la questione dei cyber attacchi e quella dei cambi. E Trump stavolta vuole guidarle direttamente. “Non si tratta solo di comprare cose – ha spiegato il segretario al Tesoro Usa – ma si tratta di aprire i mercati agli Stati Uniti e di proteggere la tecnologia americana. Tutte questioni strutturali”.

Ma Trump va ancora oltre. Per lui il patto con Xi non solo può cambiare il volto del commercio internazionale, ma può essere il grimaldello per una svolta nell’architettura delle relazioni internazionali. Un obiettivo che lo spinge a ipotizzare vertici a tre con il leader cinese e lo zar del Cremlino: “Sono sicuro che, a un certo punto, il presidente Xi e io, insieme al presidente russo Putin, cominceremo a parlare su un serio stop a quella che è diventata una grande e incontrollata corsa agli armamenti”. Dal G2 al G3, ma è presto per dirlo.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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