L’economia italiana va sottozero. Ma verso disgelo con Ue

Operai seguono una catena di distribuzione di prodotti in fabbrica. Economia
Pil a -0,1%, non calava dal 2014. Sale la disoccupazione

ROMA. – Il rallentamento c’è e ora si vede. Anzi, più che decelerare nel terzo trimestre dell’anno l’economia italiana ha innestato la retromarcia registrando una ‘decrescita’ dello 0,1%. Nelle statistiche riviste e corrette dall’Istat relative ai tre mesi estivi è tornato così ad affacciarsi il meno, segno che non si vedeva da quasi quattro anni e che pesa ora inesorabilmente sulle prospettive per la chiusura del 2018 e per l’inizio del prossimo anno. Tanto più che anche i dati sul mercato del lavoro appaiono poco lusinghieri.

Ad ottobre il tasso di disoccupazione è infatti salito al 10,6% e quello giovanile al 32,5%. Se alcuni analisti pronosticano un lieve rimbalzo nel quarto trimestre, non manca infatti anche chi paventa il ritorno dell’Italia in ‘recessione tecnica’, quella che si innescherebbe cioè dopo due trimestri consecutivi di contrazione del Pil.

Uno spettro che graverebbe non poco sulle già complesse scelte di politica economica del governo, stretto tra la volontà di rilanciare il più possibile la crescita e la necessità di rientrare nelle regole europee sui conti. La via del compromesso appare quindi l’unica percorribile e non a caso il rapporto tra Roma e Bruxelles sembra cominciare progressivamente a distendersi.

Da Buenos Aires il premier Giuseppe Conte si dice “assolutamente fiducioso in un accordo”, parla di clima “proficuo e costruttivo” e allontana il più possibile la prospettiva di procedura di infrazione. Una predisposizione positiva a cui fa eco quella di Pierre Moscovici, che – dopo il bilaterale con Giovanni Tria – parla finalmente di “clima cambiato”.

Stando per ora ai soli dati raccolti dalla statistica ufficiale, però, se anche tra ottobre e dicembre il tenore dell’economia si mantenesse quello registrato nei tre mesi precedenti, o restasse comunque piatto, l’Italia rischierebbe di non raggiungere nemmeno il numero pieno dell’1%, chiudendo l’anno con una crescita dello 0,9%. L’effetto trascinamento sul 2019 sarebbe inevitabile, rendendo sempre più ambizioso (aggettivo scelto dalla stessa maggioranza) l’obiettivo di mettere a segno l’anno prossimo un aumento del Pil dell’1,5%. E gettando un’ombra anche sulle altalenanti stime del deficit, che dal Pil dipendono.

Il presidente del Consiglio è convinto che la manovra delineata da Lega e Cinquestelle riuscirà nell’impresa, mentre i due vicepremier in stile meno politically correct scaricano le responsabilità della frenata sul governo precedente. La colpa è dell’ “insipida” politica economica di Paolo Gentiloni, per Luigi Di Maio, e delle “vecchie manovre basate su tagli e austerità”, secondo Matteo Salvini. Di Maio pone l’accento anche sul rallentamento del commercio mondiale, dovuto alla politica protezionistica americana.

Tuttavia, a guardare i dati Istat, è stata la domanda interna che nel periodo non ha funzionato a dovere. L’Istat segnala il “sovrapporsi di un lieve calo dei consumi” (-0,1%) e di un “netto calo” degli investimenti (-1,1%), mentre l’incremento dell’export, pari a +1,1%, secondo l’Istituto di statistica, “ha favorito la tenuta della componente estera”.

La necessità sottolineata più volte dal governo, e in particolare da Tria, di rilanciare gli investimenti appare dunque sempre più urgente. Alla luce di questi dati e della trattativa con l’Ue, la legge di bilancio potrebbe quindi virare ulteriormente verso misure pro investimenti piuttosto che di spesa corrente, ottenendo così il duplice obiettivo di spingere l’economia e ridurre il deficit.

Secondo indiscrezioni di stampa, una delle opzioni potrebbe per esempio essere quella di introdurre ‘quota 100’ come misura a tempo, valida solo per tre anni, in attesa di adottare strutturalmente ‘quota 41’. Per il reddito di cittadinanza si punterebbe invece ad assorbire le disponibilità in bilancio destinate al Rei, ma anche alla Naspi. Allo stesso tempo si assicurerebbero incentivi alle imprese disposte ad assumere e formare soprattutto donne e disoccupati.

(di Mila Onder) (ANSA)

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