In Veneto libri ai bimbi immigrati solo con certificati

Studenti di fronte ad un bancone di una libreria comprando i libri.
In Veneto libri ai bimbi immigrati solo con certificati

VENEZIA. – Un nuovo “caso Lodi” in Veneto o una semplice applicazione di una legge del governo D’Alema. La nuova polemica riguarda il regolamento per il “buono libri”, un contributo che la Regione eroga tramite i Comuni a rimborso parziale dell’acquisto dei libri scolastici. Per i cittadini extracomunitari, oltre all’Isee, il regolamento veneto richiede una certificazione relativa all’eventuale possesso di beni immobili o patrimoni nel Paese di origine.

Esattamente come per Lodi per accedere alla mensa. Per alcuni di essi, che hanno stretto accordi specifici con lo Stato italiano, basterebbe l’autocertificazione; per altri è necessaria una dichiarazione giurata presso le strutture consolari o diplomatiche. Il tutto da produrre entro mezzogiorno di oggi. Ai Comuni l’onere di verificare e di trasmettere il tutto alla Regione entro il 31 ottobre. Una precisazione che è comparsa il 14 settembre, nelle “istruzioni” collegate al modulo per la presentazione della domanda, pubblicato sul sito internet regionale, ma assente nella delibera di Giunta e nel bando relativo.

A stabilire l’obbligo è una legge regionale del 7 febbraio scorso sulla documentazione amministrativa, che ha ripreso la legge 349 del 1999 sulla Disciplina dell’immigrazione, approvata sotto il governo D’Alema, applicandola a tutti i sussidi sociali, come alloggi popolari o politiche sociali.

Si è dapprima sollevata la voce dei Comuni, tramite l’Anci regionale, preoccupati di trovarsi di fronte a incombenze cui non sono preparati. A loro sostegno il Gruppo consiliare del Pd, che ha chiesto alla Giunta Zaia una proroga dei termini per le domande. Ma subito si sono alzate anche le voci di sdegno per una norma che secondo l’opposizione introduce, come nel caso di Lodi, una misura vessatoria al solo scopo di discriminare i cittadini stranieri, colpendo tra l’altro un elemento “debole” come i bambini e ledendo il diritto allo studio.

Così, mentre l’Anci ha annunciato di voler collaborare con la Regione per “una soluzione di buonsenso” alla procedura burocratica, l’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan (Fi) ha ricordato che si tratta dell’applicazione di una legge nazionale tuttora vigente, precisando tuttavia che spetta alla Regione “verificare la corretta compilazione delle domande di contributo e della documentazione sulla situazione patrimoniale dei richiedenti”.

Silvia Rizzotto, capogruppo della lista Zaia, ha ricordato che in Toscana, fin dal 1996, per l’assegnazione di alloggi popolari viene chiesta la verifica sulla proprietà di immobili all’estero. Un modello Lodi “allargato” a livello regionale in Veneto, come accusa il sen. Andrea Ferrazzi (Pd); “foga razzista”, secondo la vicepresidente dei deputati dem Alessia Rotta. Per Piero Ruzzante (Leu), che in Consiglio regionale fu relatore di minoranza del provvedimento a febbraio, la normativa è passibile di ricorso, perché l’autocertificazione per le prestazioni sociali è diritto prevalente.

Tra gli enti locali, la voce più forte di dissenso si è levata da Padova, dove l’assessore comunale all’Istruzione, Cristina Piva, parla di “schiaffo al diritto fondamentale all’istruzione” e annuncia che nella città del Santo “sono state accettate le autocertificazioni. La norma introdotta dalla Regione è discriminatoria e oltretutto inapplicabile – dice -, perché lo stesso Ministero degli Interni non è in grado di indicare i Paesi con i quali sarebbero state attivate le necessarie convenzioni”.

(di Andrea Buoso/ANSA)

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