Manovra: Tria pronto al braccio di ferro sul 2%

Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (d) accompagnato da due collaboratori a palazzo Chigi per vertice di maggioranza per la manovra.
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (d) a palazzo Chigi per vertice di maggioranza. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – Resa dei conti nel governo sulla manovra. Tutto ruota intorno a un numeretto: il rapporto deficit pil che i 5S vogliono portare al 2,4% e che il ministro dell’Economia Giovanni Tria non vuole oltre quota 2, considerata una soglia psicologica invalicabile per i mercati. Sulla carta è il giorno del Consiglio dei ministri per il varo proprio della nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), dove l’Esecutivo scrive le cifre macroeconomiche da cui poi discendono le scelte concrete e dunque le misure promesse in queste settimana.

Ma la riunione con tutti i ministri, in programma tra le 18 e le 20, si terrà solo dopo un vertice ristretto convocato per le quattro del pomeriggio a Palazzo Chigi e dove oltre al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si siederanno i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il ministro dell’Economia e il collega per gli Affari europei Paolo Savona.

Il titolare del Tesoro, secondo quanto raccontano fonti parlamentari di maggioranza, è pronto a un vero e proprio braccio di ferro. Il ministro, forte anche della moral suasion del Colle, proverà ad analizzare i numeri e mostrerà come alzando troppo l’asticella del deficit l’Italia si ritroverebbe a pagare un conto salato sul fronte degli interessi, disperdendo risorse.

Ragionamento teso a mostrare l’inutilità di forzare troppo la mano: al contrario, via XX Settembre sarebbe disponibile a dare il proprio assenso al 2 per cento. Una soglia quest’ultima, che non è escluso possa salire ancora di uno o due decimali nel corso dell’esame in Parlamento come avvenuto già in passato. E come ipotizzato dal premier Conte.

Nel governo gialloverde, il più agguerrito è il leader pentastellato Luigi Di Maio che anche questa mattina rilancia: “È inutile tirare a campare come governo. O si fanno le cose – avverte – o non ne vale proprio la pena”. Resta invece più cauta la linea della Lega, che chiede flessibilità ma vuole evitare lo scontro totale: da Tunisi infatti Salvini si dice convinto che la “felicità di milioni di italiani valga bene qualche numerino” e che certo “vale sempre la pena” sforare il 2%, aggiunge senza però specificare dove si debba fermare la trattativa.

(di Chiara Scalise/ANSA)

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