Impatto delle elezioni sui mercati: sale lo spread, Borsa in rosso

(Photo credit : DANIEL LEAL-OLIVAS/AFP/Getty Images)

MILANO. – Lo stallo nella formazione di un nuovo governo e l’ipotesi di un voto ravvicinato, già a luglio quando gran parte degli investitori si aspettava più tempo, mette sotto pressione i titoli di Stato italiani, il cui spread oggi ha superato i 130 punti base con una volata di 10 centesimi del rendimento decennale, passato dall’1,75% ieri all’1,85% odierno portando sui livelli di marzo.

E’ la convinzione degli analisti interpellati in una giornata nervosa anche per Piazza Affari, scesa fino a oltre il 2,2%. Instabilità che non ha contagiato l’Europa che si è mostrata fiacca non prendendo la scia lievemente positiva dell’Asia con il surplus commerciale della Cina in calo ma meglio delle attese degli analisti e nonostante la flessione dei consumi in Giappone per il secondo mese di fila.

Un martedì che ha visto pero’ l’euro cedere terreno sui mercati internazionali. La moneta unica è scesa a 1,1868 dollari, aggiornando i minimi del 2018 nei confronti del biglietto verde. Non è da meno il petrolio che a New York affonda con le prime indiscrezioni (confermatesi in serata col discorso di Trump) del ritiro degli Stati Uniti dall’accordo con l’Iran sul nucleare.

Milano peraltro reduce dai massimi dal 2009, poi chiude – complici anche prese di beneficio – a -1,64% con il Ftse Mib che ha resistito comunque sopra i 24mila punti ma tornando ai livelli di una decina di giorni fa. L’Italia è “sotto pressione” – spiega Luca Cazzulani, vicecapo per Unicredit delle strategie sul reddito fisso – “è ragionevole che vi sia attenzione per la possibilità di elezioni più anticipate rispetto a quanto i mercati scontavano”.

Salgono anche i differenziali di Spagna e Portogallo, certo, ma in misura minore, a riprova di una specificità italiana che pesa sullo spread. Il capo analista di un primario istituto, che chiede di non essere citato, spiega che oltre alle vendite accentuate ci sono “volumi abbastanza alti” di scambi sul decennale, perché “il tema politico dell’8 luglio ha avuto subito eco all’estero, è una data molto vicina ed elezioni in estate sono percepite come più complesse”.

Le vendite penalizzano soprattutto le banche cresciute molto negli ultimi temi tanto che il Ftse Mib quest’anno ha guadagnato quasi il 10%, segnando la migliore performance a livello contentale. In particolare a guidare i ribassi sono le ex popolari, con Bper in calo del 5,3%. Alla chiusura l’istituto nel comunicare la trimestrale, indica un’accelerazione sullo smaltimento dei crediti deteriorati.

A seguire Banco Bpm con una flessione del 4,5% e Ubi del 4,1%. Tra le altre Unicredit lascia sul terreno il 3% nonostante le rassicurazioni del gruppo di Piazza Gae Aulenti sui coefficienti patrimoniali, in risposta ai rilievi mossi dal fondo attivista, Caius Capital che ha scritto alla Bce e all’Eba per contestare l’inclusione nel capitale dei cashes emessi nel 2008.

Intesa Sanpaolo argina le perdite attorno ad un marginale 0,57% con il migliore primo trimestre di sempre e e la previsione, fin da ora, della distribuzione di un dividendo molto generoso. Mentre arretra Fineco arretra (-3,47%) nonostante la trimestrale abbia visto salire l’utile del 14,1%. Controcorrente la moda con Moncler (+3,49%)) che rialza la testa all’indomani dei conti. Fuori dal paniere principale strappa Fila (+6,1%) che cresce negli Usa e acquista Pacon.

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