WHASHINGTON – Il Consiglio Permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) ha approvato un documento attraverso il quale si esorta il governo del presidente della Repubblica, Nicolás Maduro, a una riflessione. L’Osa chiede di sospendere le elezioni presidenziali anticipate al 22 aprile e di proporre, in un’altra data, elezioni “trasparenti, libere e con la presenza di osservatori internazionali”.
L’approvazione era scontata, nonostante la ferrea opposizione del Venezuela, la presa di posizione dei suoi alleati e la tiepida astensione di quelle nazioni centroamericane che dipendono dal petrolio venezuelano. Il risultato finale non ha sorpreso: 19 paesi hanno votato a favore della mozione (Bahamas, Santa Lucía, Argentina, Barbados, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Stati Uniti, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Jamaica, Messico, Paraguay, Uruguay e Perù), 5 contro (Venezuela, Bolivia, Suriname, Dominicana e Saint Vincent e Grenadine), e 8 si sono astenuti (Ecuador, Nicaragua, El Salvador, Haiti, Repubblica Dominicana, Belice, Saint Kitts e Nevis e Trinidad y Tobago).
Il viceministro per l’America del Nord e capo della delegazione diplomatica venezuelana presso le Nazioni Unite, Samuel Moncada, ha assistito all’Assemblea Straordinaria dell’Osa.
– L’Assemblea – ha detto – ha l’unico proposito di linciare il Venezuela. E’ un tentativo di provocare, di incendiare la violenza nel Paese. E ha sottolineato che l’approvazione della mozione da ragione al Venezuela che ha deciso di abbandonare l’organismo, decisione che si farà effettiva il 28 aprile del 2019.
Il Consiglio Permanente dell’Osa si è riunito su richiesta di Argentina, Brasile, Messico, Panama, Santa Lucia e Stati Uniti. La mozione approvata dalla stragrande maggioranza dei Paesi membri dell’Osa considera che aver anticipato le “presidenziali”, fissate ora per il 22 aprile, “non permetterà elezioni democratiche, trasparenti, credibili e conformi ai modelli e norme internazionali”. Quindi “esorta il governo del Venezuela a riconsiderare la data prematura delle elezioni presidenziali e a presentare un nuovo calendario che renda possibile la realizzazione di elezioni con le garanzie indispensabili per assicurare un processo libero, giusto, trasparente, legittimo e credibile”.
Nel documento, inoltre, si chiede espressamente che si permetta la partecipazione di tutti i partiti e gli attori politici senza proibizioni di nessun genere, osservatori internazionali e un Consiglio Nazionale Elettorale equilibrato i cui membri siano garanzia d’indipendenza e autonomia.
Il dibattito
Samuel Moncada ha messo in discussione la validità della riunione dell’Osa e dell’approvazione della mozione. Ha inoltre sostenuto che “quando si tratta del Venezuela, si violano tutti i regolamenti e le norme”.
Dal canto suo, il rappresentante del Messico ha difeso il ruolo di mediatore svolto dal suo Paese in Repubblica Dominicana. E sottolineato che nel dialogo tra Governo e Opposizione sempre ha difeso la via elettorale come una soluzione alla crisi.- La Osa – ha anche detto – è rimasta in silenzio nonostante la critica situazione del Venezuela. E il silenzio è complicità.
Mentre il rappresentante della Bolivia chiedeva fosse votata la mozione prima della discussione; quello del Panama si manifestava d’accordo col Messico sulla necessità di un dialogo tra Governo e Opposizione; dialogo che finalmente conduca a una soluzione alla crisi.
I rappresentanti dei Paesi membri dell’organismo americano hanno espresso quindi le loro opinioni prima della votazione che, come già detto, si è conclusa con l’approvazione della mozione.
Il Venezuela, quindi, è sempre più isolato nel contesto delle nazioni democratiche. La solidarietà al governo è espressa da alcune nazioni dell’Africa che, come Nigeria, Iran o Iraq, non possono certo considerarsi paladini del sistema democratico e rispettosi dei Diritti Umani; da nazioni come la Russia per la quale il Venezuela è una pedina nella scacchiera della sua geopolitica o paesi dell’Asia che, come la Cina, nel loro pragmatismo orientale conciliano posizioni politiche fortemente repressive e centraliste con sistemi economici liberali.