Manovra: Pd diviso, il governo battuto sulla riforma del Jobs Act

Ombrelli multicolori con la scritta "Jobs Act"
Giovani della CGIL manifestano sotto Palazzo Chigi contro il Jobs act e il governo Renzi a Roma, 26 novembre 2014. ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Manovra: governo ko su riforma Jobs act.

 


ROMA,. – Si consuma in Commissione Lavoro della Camera il primo strappo tra governo e Parlamento sulla manovra. Riforma dell’Inps e revisione delle norme introdotte dal Jobs act sui licenziamenti sono i temi su cui il Pd si è mostrato diviso al momento del voto, facendo risultare l’esecutivo battuto. La maggioranza del partito (ovvero i renziani, che in undicesima commissione si trovano in minoranza) ha infatti deciso di non partecipare alle votazioni sui due emendamenti sponsorizzati dal presidente della Commissione, Cesare Damiano, ma non condivisi dal ministero del Lavoro, causando un vero e proprio passo falso per l’esecutivo.

L’oggetto del contendere è stata innanzitutto la proposta di portare da 4 ad 8 mesi il limite minimo delle indennità da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo. Una norma studiata, secondo Damiano, per arginare i licenziamenti facili, ma che non ha convinto il governo. Per il sottosegretario al Welfare, Luigi Bobba, gli attuali indennizzi risarcitori sono infatti già “equilibrati” e superiori a quelli di molti altri Paesi.

Sulla governance di Inps e Inail la questione è invece formale: “si conviene sull’esigenza di andare in direzione di un diverso assetto dei poteri”, ma la misura, ha sostenuto in Commissione, è “ordinamentale” e dunque non può essere inserita in manovra. L’incidente rientra, a giudizio di Damiano, nella “normale dialettica parlamentare”, che ora proseguirà con ogni probabilità nella Commissione Bilancio.

La Commissione Lavoro ha approvato 17 proposte di modifica, tra cui il divieto di pagare qualsiasi tipo di retribuzione in contanti, la proroga dell’Ape social, ‘scontato’ per le donne con figli e una stretta sulla molestie nei luoghi di lavoro che, sulla scia del movimento #MeToo, vieta il licenziamento, il demansionamento o le sanzioni per chi denuncia.

Per strada la Commissione ha però lasciato sia l’emendamento del Pd che ridisegnava gli sgravi per le assunzioni dei giovani, sia quello, annunciato dal consigliere economico di Palazzo Chigi Marco Leonardi, per ridurre da 36 a 24 mesi la durata massima dei contratti a termine. Le modifiche potranno comunque rientrare proprio alla Bilancio, sia per via parlamentare che tra gli emendamenti del governo, attesi entro giovedì 14.

Gli emendamenti presentati sono, ad una prima conta, circa 5.000. Dalle Commissioni è arrivato anche quello della Attività produttive che travasa in manovra la proposta di legge che mette un freno ai maxi conguagli. Mentre dalla Finanze è arrivata la proposta di far slittare di un anno l’avvio degli indici di affidabilità fiscale, lasciando quindi ancora in vita fino a tutto il 2018 gli studi di settore.

La stessa Commissione ha anche tentato di ridisegnare il calendario fiscale per evitare intoppi e riportato all’attenzione l’ipotesi di cedolare secca sugli affitti commerciali e di deducibilità dell’Imu sui capannoni.

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