Verdini “entra” in maggioranza. E rilancia lo Ius soli

Denis Verdini salutando con la mano destra alzata.
Denis Verdini. (Foto Fabio Cimaglia / LaPresse)
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Nella foto Denis Verdini.

 

ROMA. – Una nuova maggioranza e uno spiraglio sullo ius soli. L’ok finale alla legge elettorale, che arriva tra le polemiche di M5S, Mdp e SI, porta, a latere, due novità. E portano entrambe il marchio indistinguibile di Denis Verdini. Il leader di Ala, in mattinata, rompe gli indugi e, dopo un lungo silenzio, opta per un intervento di rara nettezza in Aula.

Rivendica “con orgoglio” l’apporto chiave di Ala alle riforme, assicura che il sostegno del suo gruppo sullo ius soli ci sarà e, sul determinarsi di una nuova maggioranza precisa: “non c’è una nuova maggioranza. Noi c’eravamo, ci siamo e ci resteremo sino alla fine”.

Un intervento, quello di Verdini, che tra le proteste dei senatori M5S – che lasciano l’Aula durante la sua dichiarazione – fotografa di fatto quello che l’ex braccio destro di Berlusconi definisce “un compromesso” lungo l’intera legislatura. Un “Nazareno”, di fatto, che non è mai morto, con buona pace della sinistra.

E che Verdini invita ad applicare anche sullo ius soli. “Lo voterei anche domani”, assicura laddove il capogruppo Pd Luigi Zanda rilancia: “guarderei con favore la decisione del governo di mettere la fiducia” sul provvedimento. Provvedimento che, confermano i senatori Mdp, avrebbe anche il sì degli ex Dem appena usciti dalla maggioranza ma sul quale pende, ancora, il nodo del via libera di Ap. E i numeri, a Palazzo Madama, restano in bilico. Anche perché, il clima al Senato resta rovente.

Il Rosatellum alla fine passa con 214 sì, 61 no e un astenuto tra le polemiche dell’asse M5S-Mdp-SI. “E’ una legge bunga-bunga fatta da un’unica banda di ladri”, attacca il capogruppo M5S in Senato Giovanni Endrizzi, mentre Loredana De Petris di Sinistra Italiana avverte Matteo Renzi e Silvio Berlusconi che la legge “non porterà fortuna”. Mario Monti, tra i senatori a vita, annuncia il suo no così come la pattuglia di “chitiani” – che fa riferimento al senatore Pd Vannino Chiti – manifesta il suo dissenso non partecipando al voto per una legge che Verdini rivendica come “nipote”.

Sul suo futuro politico, però, il leader di Ala dice solo che se si candiderà lo farà in Italia e non all’estero. Il rebus, invece, riguarda le alleanze e, si fa notare in Ala, una decisione sarà presa solo dopo le Regionali in Sicilia. Con la postilla secondo cui per allearsi bisogna essere in due. E, per ora, Renzi esclude l’ipotesi: “con Ala in futuro? Assolutamente no!”.

Per Verdini, tuttavia, c’è un punto fermo da non sottovalutare: la sfida, oggi, è tra “modernità e passato” non “tra destra e sinistra”, spiega . Parole che Lucio Barani, capogruppo di Ala al Senato, traduce evocando le larghe intese: “una coalizione Renzi-Berlusconi? Sarebbe un vero governo riformista”.

In attesa delle urne è la “nuova maggioranza” a scaldare il dibattito. “Io chiedo ai deputati del Pd: com’è successo se siete entrati con Bersani e ora uscite con Verdini?”, attacca l’ex segretario Dem Pier Luigi Bersani invitando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a fare una valutazione dopo le “grosse novità” in maggioranza: l’arrivo dei verdiniani e l’uscita di Mdp. E Bersani, ricordando i convulsi giorni del post-voto nel 2013, si toglie anche un sassolino: “Ormai siamo a un governo di minoranza… A me non l’hanno fatto fare”.

(di Michele Esposito/ANSA)

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