Stop età pensioni: asse sindacati-Pd, ma attesa delle decisioni del governo

Manifestazione di protesta dii pensionati italiani.
Manifestazione di protesta dii pensionati italiani.

ROMA. – Sindacati e Pd uniti nel chiedere la revisione dell’innalzamento automatico dell’età pensionabile. Dopo le parole del segretario Dem Matteo Renzi, che punta su un rinvio e su una modifica del meccanismo almeno per i lavoratori più ‘stressati’, Cgil, Cisl e Uil non nascondono la propria soddisfazione: il fronte delle forze politiche disposte a dare battaglia in Parlamento si amplia e, soprattutto, si rafforza.

Oltre ai vertici del Pd, infatti, anche Forza Italia, Lega e M5S si dicono favorevoli a cambiare marcia, anche se non mancano le voci fuori dal coro come quella di Alternativa popolare che definisce il dibattito “surreale”. E chi, da fuori i palazzi delle Istituzioni come il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, invita a fare attenzione all’equilibrio dei conti.

Una strada maestra per rimettere in discussione i paletti della riforma Fornero (che interpellata invita a fare attenzione a “non scaricare i costi sulle generazioni future”) è la manovra economica e come sottolineano alcuni senatori di maggioranza, però, la parola ora spetta al governo.

Se infatti la posizione del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che si è speso in questi anni anche con Bruxelles, è sempre stata a favore di una linea rigorosa convinto che l’attuale sistema consenta un buon equilibrio e le ultime affermazioni pubbliche del premier Paolo Gentiloni sembravano aver chiuso all’ipotesi di rimettere mano al dossier pensioni, all’indomani del nuovo pressing del leader Pd nessuno però in Parlamento, in particolare fra i Democratici, è più pronto a scommettere che non si possa mettere in campo un intervento, anche parziale.

E un primo segnale di apertura, almeno al dialogo, è arrivato infatti con la convocazione il 2 novembre dei segretari generali a Palazzo Chigi. D’altro canto, l’innalzamento a 67 anni dell’età pensionabile scatterebbe al 2019 ma va definito attraverso un provvedimento entro la fine di quest’anno.

Qualora governo e maggioranza decidessero di rimettere mano all’automatismo sarebbero due, spiegano fonti parlamentari, le strade percorribili: un rinvio secco di sei mesi, così come delineato da Renzi, dell’entrata in vigore della norma che consentirebbe di aprire un tavolo con le parti sociali o l’approvazione di una misura più prescrittiva che riveda da subito lo scatto all’insù per i lavori cosiddetti ‘gravosi’ (dai facchini alle maestre).

“Se si trovano soluzioni alternative – insiste Renzi – perché mandare in pensione la gente un anno dopo? Bisogna trovare un giusto equilibrio e usare l’Ape (vale a dire l’Anticipo pensionistico)”.

Qualsiasi decisione, sono però convinti a Palazzo Madama, sarà presa senza fretta: il nuovo calendario dei lavori del Senato infatti prevede che la sessione di bilancio inizi il prossimo martedì 31 ottobre dopo che il testo della manovra sarà stato inviato al Colle così come è prassi; dunque le eventuali modifiche saranno formalizzate solo a metà mese, dopo la scadenza degli emendamenti alla legge di bilancio fissata al 10 novembre.

(Di Chiara Scalise/ANSA)

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