Governo: si dimette il ministro Costa, interim a Gentiloni

Costa si dimette
Governo Gentiloni, il ministro Costa presta giuramento
Costa si dimette
Governo Gentiloni, il ministro Costa presta giuramento

ROMA. – Enrico Costa lascia il governo, per tornare al centrodestra di Silvio Berlusconi. E’ un effetto, come – dicono nel Pd – lo stop alla legge sullo ius soli, dell’avvicinarsi delle elezioni. “Siccome non voglio creare problemi al governo – dichiara Costa – rinuncio al ruolo e mi tengo il pensiero”. Una scelta “inevitabile e tardiva”, lo saluta piccato Angelino Alfano.

Ma gli occhi sono puntati sulla tenuta del governo. E’ l’inizio di una slavina? “Non cambia niente, si vota a fine legislatura”, scommette Matteo Renzi. E il premier Paolo Gentiloni, che per ora assume l’interim agli Affari regionali, si fa garante di quella “stabilità” che serve per “agganciare la crescita dell’Eurozona”.

Le dimissioni del ministro, annunciate in dissenso sulla fiducia allo ius soli, erano nell’aria da domenica, quando Costa aveva espresso la volontà di ricreare un’ala “liberale” che facesse “ponte” con Berlusconi. Perciò Gentiloni, raccontano, apprezza il comportamento dell’esponente centrista, che – osservano dal Pd – con il passo indietro fa una scelta di campo chiara dopo essere andato più volte in rotta di collisione con i ministri Dem sulle scelte da assumere.

Il premier riceve la telefonata di Costa in mattinata, lo ringrazia per il lavoro fatto e assume subito l’interim, che per ora terrà. Martedì sera aveva richiamato Angelino Alfano alle responsabilità di Ap nella maggioranza. Due passaggi che, notano fonti governative, rendono il quadro più chiaro e rafforzano il governo. Ma la navigazione resta a vista, i numeri ballerini, la tenuta a rischio.

E Gentiloni, in una visita a un’azienda nel ferrarese, invoca stabilità in vista della prossima legge di bilancio: “i numeri incoraggianti della crescita”, portano a un “passaggio cruciale che per essere colto ha bisogno della stabilità del quadro politico ed economico, che consenta ai numeri di tradursi in risultati concreti. C’è bisogno di tempo e stabilità” per dare una “spinta” alla creazione di “lavoro”.

Ma sulla manovra, osservano i renziani, “il Pd è nudo”: quando arriverà al voto delle Camere sarà caduta anche l’ultima paura di voto anticipato, si sarà in piena campagna elettorale. Già Mdp fa capire di volersi smarcare in nome di una “svolta”.

E al Senato i numeri rischiano di non esserci più: dal gruppo Fi sarebbero arrivate rassicurazioni al Pd che in questa fase non saranno “aperti i cancelli” del gruppo a chi decidesse di tornare alla casa madre. Ma in autunno chissà, Ap potrebbe disfarsi. E “di certo” il Pd non vuol votare la manovra con Fi.

Renzi da Milano, pur osservando che forse andare a votare prima sarebbe stato “nell’interesse del Paese”, torna a “blindare” il premier. E così se Matteo Salvini e Giorgia Meloni invocano le elezioni, il segretario Pd scandisce bene: “Il governo va a fine legislatura. Punto. Sosterremo a spada tratta Gentiloni fino all’ultimo giorno”.

Poi una nota di apprezzamento per il ministro dimissionario: “Lo stimo, preferisco uno così che gioca pulito piuttosto che quelli che tengono i piedi in due staffe nell’attesa di capire dove andare nella prossima legislatura”. Lo stesso Costa rivela che c’era chi gli consigliava di “mantenere il ruolo dando un colpo al cerchio e uno alla botte”.

Ma le parole di Renzi provocano la reazione irritata dei centristi: “E’ bugiardo e ipocrita fino al midollo, prima ha fatto attaccare Costa dai suoi, ora gli da la stima”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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