NAPOLI. – Non muri, ma ponti. Con il loro ‘Sì’ Nunzia e Marco hanno gettato le basi per una vita insieme all’insegna dell’accoglienza, dell’integrazione, invitando al loro matrimonio, a Napoli, i migranti. Una cerimonia multietnica e multiculturale nella chiesa del Santissimo Crocifisso e Santa Rita, a Napoli. Nunzia e Marco stanno insieme da 8 anni: oggi hanno voluto, con il loro invito, condividere anche con i migranti la gioia del loro matrimonio.
Loro, i migranti, vengono dall’Africa, dall’Asia, sono bengalesi, ivoriani, senegalesi, alcuni sono in Italia da poco tempo, altri da anni. Agli sposi hanno regalato biglietti d’auguri, scritti in italiano su cartoncini gialli. È stato il papà della sposa, Antonio Ricigliano, a proporre agli sposi novelli di invitare le persone con cui lavora.
L’uomo, infatti, è un ambulante della zona di piazza Garibaldi ed è un attivista dell’associazione ‘3 Febbraio’, che si occupa di sostenere i migranti. Già nel ’98, con un gruppo di migranti, Antonio ha ‘combattuto” per poter lavorare ancora. Dopo 18 anni, nel giorno del matrimonio di Marco d’Avanzo, 27 anni, con sua figlia Nunzia, che di anni ne ha 23, ha voluto condividere questo momento anche con loro.
I novelli sposi non vogliono, però, essere considerati “speciali”. “Abbiamo fatto una cosa che riteniamo normale – dice Nunzia – Per noi è un onore che abbiano accettato l’invito e siano presenti. Sono nostri fratelli”. Marco invita tutti a “prendersi per mano, per affrontare le difficoltà”.
“Lasciano i loro Paesi dove c’è la guerra, lasciano le loro famiglie e arrivano in Italia in cerca di una vita migliore – afferma – Penso a come si sentano soli. Siamo nel 2017, non è più possibile sentir parlare di razzismo”.
All’inizio della cerimonia, don Enzo Marzocchi, il parroco della chiesa, ha ricordato a tutti le nozze di Cana di Galilea. “Gesù, che compì in quella occasione il suo primo miracolo (la trasformazione dell’acqua in vino ndr.), fu invitato al matrimonio con tutti i suoi discepoli – racconta – Il matrimonio è un evento sociale, oltre che sacramentale, che coinvolge tutti, i vicini di casa, le persone con le quali si condivide la vita di tutti i giorni. E il papà di Nunzia ha voluto che fossero presenti anche i suoi colleghi per condividere con loro la gioia del matrimonio della figlia Nunzia”.
Così, accanto ai familiari dei due sposi, c’erano anche loro. “Per noi questo invito è una novità – sottolinea Fatou Diak, ivoriana – Essere invitati dai nostri fratelli fa piacere, che dà un ‘più’ all’umanità in questo momento in cui c’è la paura dell’altro. E’ un segnale di solidarietà, di accoglienza, bello per tutti. Essere qui, personalmente mi emoziona, vedo che c’è uno sguardo più bello verso il mondo”.
In chiesa anche Gianluca Petruzzo dell’Associazione 3 Febbraio di cui fa parte Antonio Ricigliano. “La battaglia comune in difesa del posto di lavoro del papà di Nunzia, insieme con i migranti – racconta – ha gettato un seme il cui frutto è stato l’invito al matrimonio, che indica la bontà e il coraggio di Marco e Nunzia. E’ l’apertura verso l’altro in un mondo che vuole chiudere le frontiere”.