Istat: italiani in fuga dal matrimonio e da università

ROMA. – Il Belpaese continua a inseguire l’Europa senza raggiungerla. In tanti campi, uno tra tutti l’istruzione, l’Italia migliora le due performance ma arranca nel confronto con la media Ue e con i principali partner dell’Unione. E’ quanto emerge da “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, nel quale l’Istat mette in luce la posizione italiana nel contesto europeo.

L’Italia ha fatto passi avanti su numero di laureati e abbandoni degli studi, ma resta lontana dalla media europea, e per spesa pubblica in istruzione occupa il quartultimo posto: incide sul Pil per il 4,1%, valore più basso di quello medio europeo (4,9%).

L’Italia risulta quartultima anche nella graduatoria delle persone di 25-64 anni con livello di istruzione non elevato, con una incidenza quasi doppia rispetto all’Ue28 (rispettivamente 40,1% e 23,5%). E anche se la percentuale (26,2%) dei 30-34enni che ha conseguito la laurea nel 2016 è in linea con quanto stabilito dall’Ue come obiettivo per l’Italia, resta lontana dal 40% fissato per la media europea: in Europa il nostro Paese continua a ricoprire l’ultima posizione, 25,3% contro il 38,7% della media Ue28.

Miglioramenti si registrano sul fronte degli abbandoni scolastici: nel 2016 la quota di giovani che lasciano gli studi è scesa al 13,8%, superando l’obiettivo nazionale del 16% fissato dalla Strategia Europa 2020. Ciononostante l’Italia si piazza anche in questo caso al quartultimo posto (14,7% contro una media Ue28 dell’11%). Peggio di noi solo Romania, Malta e Spagna.

Un primato però l’Italia lo detiene, ed è negativo: per quota di Neet siamo al top in Ue con oltre 2,2 milioni di giovani che nel 2016 non studiano e neppure lavorano. Il Belpaese si conferma al secondo posto per indice di vecchiaia, dopo la Germania, con 161,4 anziani ogni 100 giovani e 55,5 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa. Nel 2015 l’Italia ha occupato la quarta posizione per importanza demografica, alle spalle di Germania, Francia e Regno Unito. In più, il nostro Mezzogiorno continua ad essere l’area più popolata nonostante sia anche quella meno cresciuta negli ultimi 10 anni.

Per quanto riguarda la natalità, continua a diminuire il numero medio di figli per donna – 1,34 nel 2016 contro 1,35 nel 2015 – mentre occorrerebbero 2,1 figli per garantire il ricambio generazionale. Di pari passo aumenta l’età media delle madri, pari a 31,7 lo scorso anno, facendo segnare un incremento di quasi un anno dal 2004. Il nostro Paese occupa la 23/ma posizione per grado di fecondità, con Francia e Irlanda forti di valori di poco inferiori alla soglia di ricambio generazionale (rispettivamente 2,0 e 1,9 nel 2014).

Nel 2015 l’incidenza dei divorzi è aumentata in maniera sensibile, con 13,6 casi ogni 10 mila abitanti (era 8,6 un anno prima). Secondo l’Istat a concorrere al fenomeno avrebbe contribuito anche la legge sul cosiddetto divorzio breve, con una preponderanza di casi nel Centro-Nord rispetto al Sud. Notizie non lievi anche per quanto riguarda i matrimoni: con 3,2 ogni mille abitanti l’Italia è uno dei Paesi in Europa in cui si si sposa meno, facendo meglio solo di Portogallo e Lussemburgo.

Infine, l’Italia ha un’incidenza più alta della media Ue per quanto riguarda i cittadini stranieri residenti, andando a occupare l’undicesimo posto, subito dopo Regno Unito (8,4%) e Germania (9,3%) e prima della Francia (6,6%).

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