Terremoto: Colfiorito 20 anni dopo, dal sisma si rinasce

Colfiorito 20 anni dopo
Colfiorito 20 anni dopo

FOLIGNO (PERUGIA). – Colfiorito, venti anni dopo il sisma del 1997, è la dimostrazione che dal terremoto si può rinascere. Tutte le case sono state ricostruite, fatta eccezione per un paio di ruderi da sempre abbandonati. E se le pavimentazioni del borgo sono saltate “perché la pietra usata non era adatta ai nostri rigidi inverni”, come spiega Andrea Ricci, alla fine è un dettaglio quasi irrilevante. C’ è fiducia, che fa dire a chi oggi ha perso case e lavoro: “non arrendetevi, sarà dura come lo è stato per noi, ma ce la farete”.

A Colfiorito hotel, ristoranti e bar sono tornati a lavorare, malgrado di turisti ne arrivino pochi di questi tempi. Mentre dalle finestre della scuola elementare si sentono voci di bambini, a testimonianza che un futuro qui c’è. In questo altopiano della montagna folignate, a confine tra Umbria e Marche, dove il sole di primavera illumina i fiori gialli della campagna, sono cambiate molte cose rispetto a quel maledetto 26 settembre di venti anni fa, quando due scosse, a distanza di una decina di ore l’una dall’altra, fecero crollare quasi tutto.

Da quel giorno, intanto, sono cambiate le strade: da quando è stata aperta la nuova quattro corsie “Val di Chienti”, l’isolamento è solo un ricordo. E’ arrivata anche l’industria, quella della filiera agroalimentare. Anche se il fascino della patata di Colfiorito è rimasto intatto nel tempo.

Ma è cambiata soprattutto la percezione della gente: allora era disperata, adesso guarda avanti e si sente forte. Al punto da esortare chi oggi ha perso case e lavoro a “non arrendersi”. Parole di sostegno che arrivano da chi 20 anni fa ha vissuto lo stesso dramma della gente di Norcia, Cascia, Visso, Ussita, Camerino, Amatrice, Arquata e di tutti gli altri paesi distrutti dal terremoto.

“Li compatisco tanto” dice Florio Amici, uno dei più anziani del borgo con le lacrime agli occhi. “Noi avevamo perso tutto, il nostro hotel venne addirittura demolito”, racconta Dante Santoni che indica lo spiazzo dove “ricominciò, dentro un container”.

“E ai miei colleghi oggi terremotati – aggiunge – dico: reagite e ricominciate a lavorare”. Daniele Mancini, che all’epoca era un giovanotto, spera “che lo Stato sostenga la ricostruzione, anche perché questa volta è un disastro enorme”.

Stefano Capoccia, assieme a sua moglie, ha da raccontare una storia nella storia. “Dopo il ’97 – dice – aprimmo una piccola osteria lì dove durante la seconda guerra mondiale c’era un campo di concentramento fascista”. Come a dire: abbiamo superato il terremoto e cancellato gli orrori della storia.

Ai ricordi non poteva non unirsi Maurizio Salari, il sindaco dell’epoca. Focalizza gli attimi precisi della distruzione e la disperazione della gente. “Dopo la scossa della notte – racconta – ebbi l’intuizione più felice della mia vita, decisi di chiudere le scuole e questo evitò una tragedia ben più grande di quella che fu”. Salari agli amministratori di oggi si raccomanda “di dare risposte certe e concrete”. Anche perché “la paura del terremoto è qualcosa che ti entra nella pelle e l’avverti anche dopo 20 anni”. E se lo dice la gente di Colfiorito c’è da crederci.

(di Gianluigi Basilietti/ANSA)

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