Mattarella: “Non servono leader forti, ma vere leadership”

Il Presidente Sergio Mattarella nel corso della presentazione della Relazione sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale
Il Presidente Sergio Mattarella nel corso della presentazione della Relazione sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale

ROMA. – Vanno di moda “i leader forti che poi, al massimo, sono forti nelle loro comunità”. Ma la vera leadership è altra cosa: è impegno a dialogare, avvicinare le posizioni. E’ avere “la capacità di dare prospettive”. Questi sono gli elementi base della politica che, oggi più che mai, mostra pericolosi segni di distacco dal cittadino e un’appeal minimo sui giovani, confermando un preoccupante scollamento generale dalle istituzioni.

Sergio Mattarella riflette di etica e politica in una lunga intervista a “La Civiltà Cattolica”, la più antica di tutte le riviste italiane ancora attive, fondata a Napoli nel 1850 da un gruppo di gesuiti italiani. E lo fa a tutto campo, spaziando dalla crisi dei migranti all’allarme terrorismo, raccontando anche molto di sé, della sua gioventù e della sua fede.

Un lunga conversazione pubblica con un filo conduttore che inevitabilmente lo riconduce al suo ruolo di presidente di una Repubblica tutt’oggi rissosa, instabile ed incapace di progettare il proprio futuro. L’attualità politica non entra nel confronto con i responsabili della rivista dei gesuiti, ma le preoccupazioni del capo dello Stato emergono in quasi tutti i capitoli affrontati.

E il tutto si comprende meglio dalla fine dell’intervista, quando Mattarella ricorda la sua gioventù e ripercorre la sua formazione nel mondo cattolico: “Ne ho tratto anche la convinzione che l’impegno politico, per chi ha quella formazione, è particolarmente esigente, perché richiede una dose di eticità maggiore, una consapevolezza particolarmente forte rispetto a quella che abitualmente si richiede”.

Una politica esigente quindi. E mai superficiale come Mattarella spiega analizzando l’intermittente senso di comunità degli italiani che tende a manifestarsi solo nei periodi più complessi: “l’esigenza di avvertire il senso di comunità in cui si è collocati nel nostro Paese – come in tutti gli altri Paesi, come in qualunque ambiente più ampio o più piccolo – è una componente essenziale della vita. Nel nostro Paese questa consapevolezza emerge in momenti significativi”, come ad esempio per la Costituente o nella stagione buia del terrorismo.

Ma “il problema – aggiunge il capo dello Stato – è come far sì che questo senso di comunità venga vissuto nella normalità, quotidianamente, abitualmente, e non soltanto con dei picchi di manifestazione in occasione di emergenze”.

Questo perché, conclude Mattarella forte di quanto raccolto in questi due anni al Quirinale, “in realtà il nostro Paese è migliore di come appare, è pieno di energie positive di tante persone che si impegnano, e non soltanto si preoccupano di ciò che si chiama (termine forse, per taluno, un po’ desueto) “bene comune”.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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