Spreco alimentare: Francia, Australia e Sudafrica i paesi più virtuosi

ROMA. – Ogni anno un terzo del cibo del mondo (1,3 miliardi di tonnellate) viene sprecato, senza arrivare neanche a tavola. Solo gli Stati Uniti gettano 46milioni di tonnellate di cibo l’anno, mentre il solo cibo buttato in Europa sfamerebbe circa 200milioni di persone.

Eppure ci sono dei paesi che nella lotta allo spreco di cibo stanno raggiungendo risultati importanti. È il caso di Francia, Australia e Sudafrica, mentre Arabia Saudita, Indonesia ed Emirati Arabi sono quelli che devono affrontare le sfide maggiori. L’Italia, grazie alla recente legge contro lo spreco alimentare, approvata nel 2016, appare tra le realtà in progresso.

È la fotografia – in un ranking di 25 Paesi analizzati dal Food Sustainability Index di Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) e The Economist Intelligence Unit e che rappresentano oltre i 2/3 della popolazione mondiale e l’87% del PIL globale – presentata dal Barilla Center for Food & Nutrition nell’imminenza della “Giornata Nazionale Contro lo Spreco Alimentare” il 5 febbraio.

Secondo i dati del Food Sustainability Index (FSI), l’Italia occupa il nono posto in termini di “Cibo perso e sprecato”, nella speciale classifica, ottenendo il massimo punteggio su alcuni indicatori, come quello relativo alle “politiche messe in campo per rispondere allo spreco di cibo” (100 su 100), grazie alla legge approvata nel 2016, che punta a incentivare le aziende e i produttori che donano cibo ai più bisognosi.

Sui punti da migliorare, invece, molto deve essere fatto per quanto riguarda lo “spreco domestico”, ossia quello del consumatore finale (29 punti su 100), che arriva a gettare una media di 110,5 Kg di cibo all’anno. Lo “spreco legato alla produzione e distribuzione di cibo” ottiene un positivo 63 su 100.

“Lo spreco di cibo è alla base di uno dei grandi paradossi del nostro sistema alimentare e la legge da poco approvata in Italia è un passo importante nella soluzione di questo problema, anche se molto deve essere ancora fatto da tutti, dall’industria ma anche da ogni singola persona” – ha dichiarato Luca Virginio, vice presidente Bcfn.

Il primato della Francia sul “food waste” è stato raggiunto – spiega Bcfn – grazie a un approccio olistico basato su un programma ministeriale molto focalizzato sul sistema agricolo-alimentare e su nuove pratiche commerciali volte a limitare lo spreco di cibo. Nel Paese transalpino sono però gli sprechi domestici di cibo a rimanere una piaga difficile da combattere (29 punti su 100 come per l’Italia secondo l’Index).

L’Australia eccelle, invece, sia per le politiche anti-spreco studiate per il mondo dei produttori, sia per i risultati che queste politiche hanno saputo ottenere (100 su 100). Di contro, lo “spreco domestico” ottiene uno scadente 19 punti su 100 che mostra tutte le difficoltà della soluzione di questo problema.

Nella speciale classifica del FSI, infine, medaglia di bronzo per il Sudafrica, che proprio sugli “sprechi domestici” ha saputo ottenere i risultati migliori (89 su 100), merito evidentemente anche delle politiche messe in atto su questo fronte (100 punti su 100). Margini di miglioramento, invece, si riscontrano per gli sprechi legati alla produzione e distribuzione di cibo.

Tra i paesi dove si spreca più cibo, maglia nera all’Arabia Saudita (427 kg per persona l’anno), seguita dall’Indonesia (300 kg) e dagli Emirati Arabi (169 kg). Male, in questo senso, anche gli Stati Uniti che, pur posizionandosi al sesto posto della graduatoria grazie a politiche molto apprezzate nella lotta agli sprechi legati alla produzione e distribuzione di cibo e a quelli domestici, devono comunque registrare risultati pessimi per quanto riguarda lo spreco casalingo.

Ogni americano, infatti, si stima che sprechi circa 277 kg anno di cibo, peggio cioè degli Emirati Arabi, che si posizionano però al terzultimo posto della classifica. Per mantenere viva l’attenzione del mondo sul problema, la Fondazione Bcfn ha lanciato il Food Sustainability Media Award, concorso giornalistico internazionale, ideato in collaborazione con la Fondazione Thomson Reuters.

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