Trump: grana sanzioni a Russia. Ministri sotto torchio

WASHINGTON. – Nuove sanzioni alla Russia: a proporle sono una decina di senatori repubblicani e democratici nel giorno in cui iniziano le audizioni per le conferme dei ministri della nuova amministrazione. L’obiettivo, perseguito anche alla Camera, è punire Mosca per le sue cyber intrusioni ma anche per le sue azioni in Siria e in Ucraina.

Una mossa imbarazzante per il tycoon, deciso a voltare pagina con il Cremlino, ma anche per il futuro capo della diplomazia, l’ex numero uno di ExxonMobil, Rex Tillerson, chiamato anche lui all’esame del Senato, dove la sua amicizia e i suoi affari con Putin saranno passati ai raggi x.

Il presidente eletto non sembra preoccupato di nulla, tanto da sfidare anche la legge contro il nepotismo e i rischi di ulteriori conflitti di interesse nominando il giovane genero Jared Kushner consigliere senior con competenze sugli accordi commerciali e sul Medio Oriente. Il marito di Ivanka, rampollo di un’influente famiglia ebrea ortodossa del New Jersey, conferma così il suo ruolo di fidato consigliere svolto nell’ombra per tutta la campagna elettorale.

Il primo a finire sotto torchio è stato Jeff Sessions, settantenne senatore ultraconservatore dell’Alabama, designato come attorney general (ministro della Giustizia). La sua è una delle nomine più controverse per i commenti razzisti che nel 1986 bloccarono la sua nomina a giudice federale da parte dell’allora presidente Ronald Reagan. La sua conferma non è a rischio ma i democratici e qualche repubblicano ne hanno approfittato per farlo uscire allo scoperto sui temi più scottanti, in un’audizione interrotta più volte da proteste di neri e dalla provocazione di un paio di uomini con gli abiti del Klu Klux Klan che hanno gridato “non potete arrestarci, siamo bianchi”, “i bianchi possiedono questo governo”.

“Aborrisco il Klu Klux Klan e la sua ideologia d’odio”, ha subito sgomberato il campo Sessions, presentandosi come un paladino della legge e dell’ordine che combatterà “vigorosamente” e “immediatamente” l’immigrazione illegale (“tolleranza zero ai confini”), la violenza delle armi da fuoco e “la piaga del terrorismo islamico radicale”.

Sessions ha precisato però di non essere a favore del bando dei musulmani, ricordando che lo stesso Trump ha chiarito che le restrizioni dovrebbero riguardare i Paesi colpiti dal terrorismo. Il senatore ha preso le distanze anche dal waterboarding e da qualsiasi altra forma di tortura, rendendo così impossibile per Trump ripristinarla. Del resto ha assicurato di essere pronto a dire ‘no’ al presidente se oltrepasserà i suoi limiti.

Sessions è però favorevole, come il tycoon, a tenere aperta la prigione di Guantanamo che Obama voleva chiudere. Pur non condividendo la sentenza della corte suprema sulla libertà di aborto (“viola la costituzione”) e quella sui matrimoni gay, il futuro ministro della Giustizia ha assicurato che rispetterà e seguirà le leggi. E ha promesso che, dati i suoi precedenti commenti sull’Emailgate, si asterrà se ci dovessero essere inchieste sull’ex segretario di Stato Hillary Clinton, preferendo eventualmente un procuratore speciale, come aveva ventilato lo stesso Trump in campagna elettorale.

Sessions si è però smarcato da Trump sugli hackeraggi russi, definendoli un “evento significativo” e dicendosi convinto che le conclusioni dell’Fbi sono state “raggiunge onorevolmente”. Il senatore sembra aver superato il primo giorno di audizioni ma ha dovuto sudare sette camicie per difendersi da una nomea che lo accompagna da trent’anni e che lo ha costretto a riconoscere denti stretti “la storia dei diritti civili e il terribile impatto che l’implacabile e sistemica discriminazione e la negazione dei diritti di voto ha avuto sui nostri fratelli e sorelle afro-americane”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

Lascia un commento