Attacco campus Ohio, il somalo aveva minacciato gli Usa su Fb

Police stand guard outside a residence of interest during their investigation into an earlier attack at the Ohio State University campus, Monday, Nov. 28, 2016, in Columbus, Ohio. (ANSA/AP Photo/John Minchillo)
Police stand guard outside a residence of interest during their investigation into an earlier attack at the Ohio State University campus, Monday, Nov. 28, 2016, in Columbus, Ohio. (ANSA/AP Photo/John Minchillo)
Police stand guard outside a residence of interest during their investigation into an earlier attack at the Ohio State University campus, Monday, Nov. 28, 2016, in Columbus, Ohio. (ANSA/AP Photo/John Minchillo)

WASHINGTON. – Era arrabbiato per come sono trattati i musulmani, e aveva lanciato una minaccia via Facebook all’America poco prima del suo attacco, Abdul Razak Ali Artan, lo studente somalo di 18 anni che ieri ha ferito undici persone nel campus dell’università di Columbus (Ohio) investendole con la sua auto e colpendole con un coltello da macellaio prima di essere ucciso da un poliziotto.

L’Isis attraverso la sua agenzia Amaq ha riconosciuto il giovane come un “soldato del Califfato” entrato in azione in risposta agli appelli di colpire cittadini dei paesi che partecipano alla coalizione contro lo Stato Islamico. L’Fbi non aveva infatti escluso l’ipotesi terroristica, ma potrebbe trattarsi dell’ennesimo lupo solitario, radicalizzatosi grazie alla propaganda online dell’Isis, che continua a incoraggiare attacchi con auto, coltelli o qualsiasi altra arma.

E’ il caso di Ahmad Rahami, 28 anni, il cittadino americano di origini afghane sospettato per le bombe in New Jersey e a New York (31 feriti nella zona di Chelsea) esplose il 17 settembre scorso. O di Dahir Adan, 22 anni, un americano di origine somala che lo stesso giorno ha accoltellato nove persone in un centro commerciale di St.Cloud, Minnesota, invocando Allah prima di essere ucciso da un agente fuori servizio.

Ma potrebbe essere anche un gesto dettato da una reazione più personale, da un disagio alimentato dalla crescente ostilità verso il mondo musulmano. Come conferma anche la recente lettera di minacce recapitata a sei moschee americane, con Donald Trump additato come la persona che ‘ripulirà gli Stati Uniti’, facendo ‘ciò che Hitler fece con gli ebrei’.

E come sembra suggerire una intervista dello stesso Artan al giornale studentesco dell’università, lo scorso agosto: “sono un musulmano, ma non sono quello che i media dipingono. Se la gente mi guarda, un musulmano che prega, non so cosa pensa, cosa succede. Ma non do la colpa a loro, sono i media che mettono questa immagine nella loro testa”, aveva confidato, lamentandosi anche per l’assenza di una sala di preghiera per i seguaci di Maometto.

Nella sua pagina Facebook però aveva dato sfogo a tutte le sue preoccupazioni e frustrazioni, sino al sinistro messaggio prima dell’attacco, dove si era detto “stanco” di vedere i fratelli musulmani “uccisi e torturati” e dell'”interferenza” Usa nei Paesi con comunità islamiche.

“Se l’America vuole che i musulmani finiscano gli attacchi dei lupi solitari, allora facciano la pace con dawla in al sham (un termine per indicare l’Isis, secondo gli investigatori). “Per Allah, non ti lasceremo riposare finché non darai pace ai musulmani”, è il monito finale.

Gli investigatori hanno chiuso il suo account e stanno esaminando tutti i post e i contatti, perquisendo anche la sua abitazione. Prima del blitz, Artan non era un nome noto all’Fbi. Negli Usa, dove era residente permanente, era arrivato due anni fa come figlio di rifugiati, dopo aver vissuto in Pakistan dal 2007 al 2014. I vicini lo descrivono come un ragazzo sempre gentile che frequentava quotidianamente la moschea locale per la preghiera.

Dalle immagini delle telecamere, sembra aver agito da solo, ferendo gran parte delle sue vittime con l’auto (solo due accoltellate), ma la polizia sta ancora verificando l’eventuale esistenza di complici. Oggi intanto all’università sono riprese le lezioni, tra il nervosismo e le preoccupazioni degli studenti, molti dei quali hanno deciso di prendere alcune precauzioni, come ad esempio non camminare da soli.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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