25 anni senza Freddie Mercury

luca2

Com’è facile essere banali.

Ma un ricordo è un ricordo e, soprattutto se prezioso, va tutelato, coccolato, valorizzato.

Esplosioni di cuore, vertigini di un altro tempo.

Freddie Mercury non lo sa, ma tra le altre cose mi ha insegnato l’inglese. Le prime parole in musica, storpiate alle volte, dal sedile posteriore della macchina del mio papà. Un punto piccolo piccolo in un’Europa allora più divisa ma già grande. Non avevo superato la soglia dei dieci, erano i primi anni ’80. E poi mi ha insegnato a sognare, a canticchiare quel “don’t stop me now” come al ribollire di mille tamburi che suonano la carica nelle occasioni che contano, quelle in cui non puoi tirarti indietro, quelle in cui devi farcela per forza.

La mattina di 25 anni fa mia madre ci diede la notizia della sua scomparsa come fosse andato via uno di famiglia. Il nostro compagno di itinerari impossibili o quasi. La voce, il brivido di sottofondo.

Ieri ero in macchina con mio fratello e quando ha messo sù Innuendo il contagiri è impazzito più di una volta.

Insomma, Freddie Mercury è riuscito a mettere insieme tre generazioni della mia famiglia e sono sicuro che continuerà a farlo anche domani.

Mio padre, classe 1930. Il sottoscritto, ’80, e Matteo, ’96.

Insomma, Freddie Mercury è la mia personalissima idea di “per sempre”.

 

Luca Marfé

Twitter: @marfeluca – Instagram: @lucamarfe

Lascia un commento