Sempre più duro lo scontro sul referendum tra liti e scambi di accuse

Roma - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi ed altri membri del Governo, in occasione dell'incontro per il prossimo Consiglio Europeo, oggi 14 ottobre 2016. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica) -------------------------------------------------------------------------------------------
Roma - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi ed altri membri del Governo, in occasione dell'incontro per il prossimo Consiglio Europeo, oggi 14 ottobre 2016.  (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica) -------------------------------------------------------------------------------------------
Roma – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi ed altri membri del Governo, in occasione dell’incontro per il prossimo Consiglio Europeo, oggi 14 ottobre 2016.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
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ROMA. – Si fa sempre più duro lo scontro sul referendum tra liti e scambi di accuse tra i due fronti. Con una novità rappresentata dall’apertura di Silvio Berlusconi sulla legge elettorale. Il cavaliere si è detto disponibile a sedersi al tavolo con Matteo Renzi per ridisegnare l’Italicum.

Nel frattempo rimane sempre molto alta la tensione sulla questione del voto degli italiani all’estero. Tanto che gli m5s hanno parlato senza mezzi termini di “odore di brogli”, smentiti seccamente dal ministro Angelino Alfano che ha parlato di procedure rigide sui controlli. E ciò mentre si scatena una vera e propria bufera sulle parole del governatore campano Vincenzo De Luca. Le opposizioni hanno sollevato accuse di voto di scambio, con l’intervento della Commissione Antimafia.

Sul fronte opposto, la maggioranza controbatte attaccando i grillini sulla vicenda delle firme false che si è arricchita di un nuovo capitolo a Bologna.

La bomba De Luca, e le accuse contro di lui di tentativo di voto di scambio, hanno avuto ulteriori sviluppi. I Pentastelalti, assieme a SI, Fi e Lega, hanno chiesto in Commissione Antimafia di acquisire gli atti dalla Procura di Napoli di una eventuale inchiesta.

“Per ogni elemento di folklore se ne riparlerà dopo il referendum – ha commentato De Luca – quando comunicheremo anche l’elenco di tutti quelli che saranno querelati per diffamazione”.

Il Pd ha avuto buon gioco a replicare alle accuse di brogli, ricordando la nuova inchiesta sulle firme false raccolte da esponenti di M5s: dopo quella di Palermo oggi si è avuta notizia di una indagine a Bologna. Quattro i grillini indagati, e decine di commenti ironici di esponenti Dem e della maggioranza. E il Comitato “Basta un sì” ha attaccato M5s anche sulla vicenda dei fondi del gruppo pentastellato al Senato usati per pagare l’affitto ad esponenti del Movimento legati a Casaleggio.

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha risposto al question time alla Camera alla querelle sulla regolarità del voto degli italiani all’estero, con Loredana De Petris (SI) e Daniele Del Grosso (M5s), che hanno attaccato il governo. Gentiloni ha ricordato che il voto per corrispondenza è previsto dalla legge sin dal 2006.

“Il voto per corrispondenza presenta caratteristiche particolari – ha affermato – capisco l’attenzione particolare anche per l’estrema incertezza del risultato ma ciò non può giustificare atteggiamenti denigratori. I nostri concittadini non sono italiani di serie ‘B’ tantomeno sono potenziali imbroglioni”. In ogni caso “l’eventuale tentativo di utilizzare in modo doppio il voto sarebbe immediatamente identificabile in sede di scrutinio tramite codice elettorale e il voto sarebbe annullato”.

Parole che non hanno soddisfatto le opposizioni. Alla Farnesina si è pure svolto un incontro tra Gentiloni e i due Comitati per il No e per il SI: è stato deciso di mantenere contatti stabili per “segnalare tempestivamente eventuali casi di preoccupazione per il regolare svolgimento del voto”.

C’è poi il tema del post-referendum. Il ministro Dario Franceschini ha ribadito che, a suo giudizio, se vincesse il “no” Renzi dovrebbe rimanere a Palazzo Chigi. Un ragionamento che non dispiace nemmeno a Silvio Berlusconi. L’ex premier non si sbilancia su chi debba state a palazzo Chigi in caso di vittoria del no ma, contemporaneamente, è altrettanto netto nel dirsi pronto a collaborare proprio con Renzi per cambiare la legge elettorale.

Per il leader di Forza Italia è “indispensabile” sedersi con il segretario del Pd e trovare una soluzione che vada bene ad entrambi e che per il leader azzurro è rappresentato dal modello proporzionale. Condizione necessaria però è la vittoria del no il 4 dicembre. Un voto, che a detta del Cavaliere, impedisce “quella deriva autoritaria” che scaturisce dal combinato disposto riforme e Italicum.

E nel pomeriggio Matteo Renzi è salito al Quirinale in vista del Consiglio supremo di Difesa. Ma nessuno esclude che possa aver fatto con il Capo dello Stato una panoramica a 360 gradi della situazione proprio sul dopo-referendum.

(di Giovanni Innamorati e Yasmin Innagiray/ANSA)

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