Gran Bretagna: la manovra d’autunno annuncia i costi della Brexit

Brexit, Theresa May
Brexit, Theresa May
Brexit, Theresa May

LONDRA. – La Brexit avrà i suoi costi e la Gran Bretagna incomincia a farvi i conti in moneta sonante. Con una crescita destinata a rallentare di almeno un 2,4% cumulativo nei prossimi anni, l’indebitamento dello Stato in crescita di 122 miliardi di sterline fino al 2020 (58 dei quali da imputare direttamente ai costi previsti in termini di Pil perduto e calo delle entrate fiscali legati al divorzio dall’Ue) e la rinuncia alle illusioni d’un surplus di bilancio per il 2018/19.

A snocciolare le cifre in parlamento è stato Philip Hammond, cancelliere dello Scacchiere chiamato al timone del Tesoro nel governo di Theresa May. Occasione, l’Autumn Statement: l’aggiornamento finanziario d’autunno, il primo del dopo referendum.

Il quadro è improntato alla cautela, in linea con il carattere di Hammond, contrappeso moderato ai Brexiter duri e puri della compagine Tory sul fronte del futuro negoziato con Bruxelles per l’addio formale al Club dei 28. Il cancelliere parla di “equilibrio di bilancio”, di “disciplina fiscale”, della necessita’ di “vivere secondo i propri mezzi” e di imprevisti del futuro da affrontare con un margine di “elasticità”.

Insomma di una certa rinnovata austerità, temperata da un’idea di conservatorismo sociale che per ora si traduce in un giro di vite sulle commissioni delle agenzie immobiliari e nella promessa di sbloccare la costruzione di 40.000 nuovi alloggi per alleggerire il peso degli affitti sulle famiglie che sbarcano a stento il lunario, l’impegno ad aumentare l’indicatore del salario minimo a 7,5 sterline l’ora (da 7,2), lo stanziamento di un miliardo di sterline d’investimenti la banda larga superveloce.

E soprattutto in un fondo da 23 miliardi per stimolare la produttività, tallone d’Achille del regno rispetto ad altri Paesi europei (Italia inclusa) attraverso innovazione, ricerca, infrastrutture. “Zuccherini”, comunque, secondo il Financial Times, che fra l’altro inserisce fra le voci di ulteriore indebitamento anche i 23 miliardi per la produttività. Mentre lo stesso Hammond ammette che non è tempo di tirar fuori “conigli dal cilindro”.

Si fa quel che si può insomma, viste le incertezze evidenti di una transizione epocale (con il referendum di giugno “è stata presa una decisione destinata a cambiare il corso della storia nazionale”, ha ricordato il cancelliere). Una transizione che Theresa May ha ribadito di voler attuare in tempi certi, “nel rispetto della volontà popolare”, durante il Question Times svoltosi nella stessa aula dei Comuni. Ma che certo pesa, come conferma fra l’altro il primo incremento di una tassa, quella sulle assicurazioni, che passerà al 12%.

Resta l’andamento migliore del previsto della crescita britannica nel 2016, rivendica peraltro Hammond, insistendo nell’evidenziare i dati positivi di un’economia che continua malgrado tutto a correre in testa al gruppo dei paesi industrializzati e una disoccupazione al minimo storico (4,8%). Mentre la recessione resta per ora lontana, a dispetto di certe profezie dei mesi scorsi.

Ma la verità è che i contraccolpi andranno misurati quando la Brexit diverrà realtà. L’opposizione laburista si mostra del resto scettica e, per bocca del cancelliere ombra John McDonnell, parla di “fallimento di tutti gli obiettivi” del governo, su crescita, debito e obiettivi sociali. Mentre nelle stesse file Tory, il veterano Kenneth Clark avverte che l’accesso a mercato unico e unione doganale rimane vitale per il regno, anche fuori dall’Ue. “Sull’accesso al mercato europeo di beni e servizi cercheremo l’accordo migliore”, si limita a rispondere Hammond.

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