Riforme e meno austerità, la rivincita di Tsipras

Greece's Finance Minister Euclid Tsakalotos arrives for the handover ceremony of the outgoing Alternate Finance Minister Nadia Valavani and the incoming Tryfon Alexiadis in Athens, Monday, July 20, 2015. (ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis)
Greece's Finance Minister Euclid Tsakalotos arrives for the handover ceremony of the outgoing Alternate Finance Minister Nadia Valavani and the incoming Tryfon Alexiadis in Athens, Monday, July 20, 2015. (ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis)
Greece’s Finance Minister Euclid Tsakalotos arrives for the handover ceremony of the outgoing Alternate Finance Minister Nadia Valavani and the incoming Tryfon Alexiadis in Athens, Monday, July 20, 2015. (ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis)

ROMA. – Una svolta sulle riforme che, se attuata sul serio, farebbe della Grecia un’economia più avanzata di molti altri Paesi dell’Eurozona. E, in cambio, una marcia indietro dei creditori sull’austerity, che consegna al premier Alexis Tsipras una rivincita, dopo il calice amaro bevuto a luglio, e avvicina l’agognata ristrutturazione del debito. Sono le due facce dell’accordo raggiunto, che è ad altissimo contenuto politico prima che tecnico, nonostante quanto sostenuto dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. Al punto che si potrebbe pensare che Tsipras abbia stretto un patto con Angela Merkel per disinnescare la mina creata da Yanis Varoufakis e dai partiti antagonisti europei, con evidente mutuo beneficio elettorale: una volta che Atene accetta il rispetto (formale) delle regole e l’improrogabilità delle riforme, ecco arrivare concessioni cui Syriza ambiva da mesi.

Sotto il profilo economico, l’accordo mira a smontare l’argomentazione secondo cui in Grecia i creditori capeggiati dalla Bce hanno orchestrato un “colpo di stato” inducendo Syriza a una resa incondizionata attraverso il ricatto del ‘Grexit’. I creditori hanno accettato un deficit primario dello 0,25% per quest’anno. Per il 2016, 2017 e 2018 l’impegno di Atene è a un surplus primario dello 0,5%, 1,75% e 3,5%. Numeri molto distanti dal punto di partenza di Ue, Bce e Fmi, che all’inizio dell’anno puntavano a un 3% di surplus quest’anno che sarebbe dovuto salire al 4,5% già il prossimo.

Tsipras, insomma, porta a case buone argomentazioni per dire ai suoi elettori che il suo governo a qualcosa è servito. Che l’Europa, grazie anche alla diplomazia del neo-eletto ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos, ha fatto concessioni. Che il ‘muro contro muro’ impersonato da Varoufakis aveva al contrario irrigidito i creditori. Che l’aver chiuso l’accordo velocemente allontana il rischio di un ‘bail in’ per le banche, che saranno ricapitalizzate a fine anno, e avvicina la ripresa. Francois Hollande, e forse anche Matteo Renzi, potranno dire di aver fatto da pontieri. Ma soprattutto Angela Merkel sembra riuscita a mettere a margine le resistenze rigoriste di Wolfgang Schaeuble. Confezionando il terzo salvataggio greco – 85 miliardi di euro in tre anni – in maniera presentabile per il suo elettorato.

Le concessioni sul deficit arrivano in cambio di 35 “azioni prioritarie” che puntano a mettere fine a privilegi fiscali e pensionamenti troppo facili, liberalizzano professioni, farmacie, energia, “ristrutturano” la p.a., facilitano pignoramenti e sequestri per chi non paga, come chiesto dalla Bce. E non c’è più un Varoufakis pronto a far saltare il tavolo a Bruxelles dicendo pubblicamente quello che molti sanno, e cioè che parte del debito ellenico non sarà mai ripagata.

Proprio sul debito, la costruzione tutta politica delineata dall’Europa si scontra con le argomentazioni tecniche del Fmi: che lo giudica insostenibile, diretto verso il 200% del Pil (a maggior ragione ora che i target di surplus primario si sono abbassati). Ma proprio l’aver abbassato l’asticella dell’austerity, probabilmente, rivela che con il Fmi, che si riserva di decidere a settembre se partecipare al nuovo salvataggio, l’accordo è vicino.

Washington ha delineato tre ipotesi: un “allungamento drammatico” delle scadenze con un periodo di grazia di 30 anni; trasferimenti al bilancio di Atene; oppure un taglio vero e proprio. I tecnici sono al lavoro per la soluzione. Che dovrà scontentare tutti e sarà molto politica.

(di Domenico Conti/ANSA)

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