Preoccupa l’effetto “dominò” della violenza politica in Venezuela

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CARACAS. – Era un timore assai diffuso già l’anno scorso, quando le barricate fecero irruzione lungo le strade delle nostre metropoli e la violenza politica, condita da una repressione che nel Paese si pensava ormai raccontassero solo i libri di storia, lasciò un saldo di 43 morti, oltre 800 feriti e migliaia di arresti. Oggi, quello stesso timore, che le vacanze natalizie erano riuscite a stemperare, torna di nuovo a turbare il sonno dei venezolani e la quiete delle sue città. E’ stato risvegliato dalla notizia di un presunto tentativo di colpo di Stato, l’ennesimo presunto tentativo a dir la verità; questa volta accompagnato dall’arresto del sindaco di Caracas, il connazionale Antonio Ledezma di origine irpina, e la minaccia della carcerazione per altri esponenti dell’Opposizione – leggasi, Maria Corina Machado e Julio Borges -. Azione, reazione. L’arresto del sindaco ha provocato un’immediata ondata di protesta e indignazione soffocata con violenza dalle forze dell’ordine. Risultato, il barbaro assassinio di Kluivert Roa, lo studente quattordicenne apparentemente freddato da un colpo alla nuca sparato a bruciapelo da un poliziotto. Complice, la recente risoluzione del Ministero degli Esteri che permette alle forze dell’ordine, senza ancora disciplinarla, l’uso delle armi da fuoco durante le manifestazioni di piazza.

Prima, con la prudenza e ponderatezza della diplomazia, Ban Kin-Moon, segretario generale delle Nazioni Unite. Poi, il Parlamento Europeo quasi all’unanimità. Quindi, a seguire, José Miguel Vivanco, segretario generale di Human Rights Watch e tanti altri organismi internazionali e regionali, pubblici e privati; organizzazioni politiche, ex capi di Stato fino all’autorevole voce dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per quanto accade in Venezuela. Il principe giordano Zeid Ra’ad Al Hussein, ha denunciato al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu la violenza e la violazione dei diritti umani in 38 nazioni. Tra queste, il Venezuela.

– Sono preoccupato – ha detto l’Alto Commissario – per il deterioramento del rispetto dei Diritti Umani in Venezuela. In particolare – ha proseguito -, sono preoccupato per le dure risposte del governo alle critiche, alle manifestazioni di dissenso e per l’uso eccessivo della forza nel reprimere le proteste.

Un coro. Manifestazioni di preoccupazione provenienti da destra e da sinistra: da chi ha sempre seguito con interesse e simpatia lo sviluppo politico del Venezuela; da chi invece critica il “chavismo”, essendo schierato su posizioni ideologiche antagonistiche; e, ancora, da chi, simpatizzante o no, temeva ieri, e ancor più oggi, una deriva autoritaria. Non è l’ingerenza di un paese nelle vicende interne di una nazione, come più volte ripetuto dal capo dello Stato. E’ il timore di un pernicioso “effetto dominò” che potrebbe creare profondi squilibri nella scacchiera internazionale e dare inizio a una nuova stagione buia in America Latina.

Tre governi di sinistra, tre esempi di alternanza democratica. Chile, Brasile, Uruguay; Michelle Bachelet, Dilma Rousseff e Tabares Vàsquez. La prima ha ereditato il potere nel 2006 da Ricardo Lagos, esponente dell’alleanza di centrosinistra, e poi da Sebastian Piñero, rappresentante della destra borghese cilena. Tabares Vàsquez, dal canto suo, rappresenta la discontinuità nella continuità. E, infatti, pur essendo esponente della sinistra è stato ed è, per tanti versi, critico nei riguardi di numerosi provvedimenti promossi da “Pepe” Mujica. Tale diversità si è manifestata anche nelle distinte impostazioni di governo dei due leader della sinistra uruguayana. Vàsquez, durante la sua prima presidenza, pose l’accento sulla politica sociale e retributiva; Mujica lo ha fatto sulla legalizzazione della marijuana, dell’aborto e del matrimonio omosessuale. In Brasile, poi, Dilma Rousseff ha ereditato il potere da Ignacio “Lula” da Silva, un esponente della sinistra sindacale che, una volta al potere, è riuscito a sostenere lo sviluppo economico del Paese dando una spinta equilibrata ai provvedimenti di carattere sociale e allo sviluppo delle aziende private.

Insomma, l’America Latina, fatta eccezione per pochi paesi che ancora si agitano tra una profonda coscienza democratica della popolazione e la vocazione autoritaria dei loro governanti, pare abbia raggiunto finalmente quella stabilità politica che assicura la maturità progressiva del sistema democratico necessaria per le conquiste sociali. E, si sa, è ancora tanto il cammino da percorrere in un emisfero dalle profonde differenze sociali.

In Venezuela l’impegno della Chiesa, attraverso il Nunzio Apostolico Aldo Giordano; i ripetuti appelli dei leader politici e degli organismi internazionali, rispondono alla necessità di apertura e di dialogo tra attori politici così da evitare derive autoritarie, proteste violente e repressione. Risponde a un interesse collettivo la necessità di promuovere in Venezuela una dialettica sana, un confronto democratico spoglio di intimidazioni. E’ la volontà di evitare il pericolo del “pensamiento unico”, come strumento di governo; il desiderio di evitare l’incarcerazione della dissidenza per imporre un modello che ha dato un suo contributo sociale attraverso alcuni interessanti ammortizzatori sociali che comunque oggi vanno rivisti, migliorati e adeguati alle nuove realtà economiche del Paese, ma che pare ormai logoro; un modello che va sostituito da un altro capace di correggere gli errori e gli eccessi commessi e che possa incoraggiare uno sviluppo economico e sociale equilibrato e equo.

In questo clima politico incandescente, in questo contesto economico di profonda crisi e preoccupante scarsità di prodotti, s’inquadra l’avvenuta visita della delegazione di senatori italiani, presieduta da Claudio Micheloni. L’incontro con la comunità, nel Centro Italiano Venezolano di Caracas, non è stato importante solamente per ciò che hanno avuto occasione di dire i nostri senatori, che si sono espressi con una franchezza e onestà alla quale la politica italiana non è sempre abituata, ma per ciò che hanno potuto ascoltare e per ciò che ora potranno riferire in Italia. L’autorevolezza del senatore Claudio Micheloni, che analizza la realtà venezuelana secondo l’ottica di un esponente della sinistra italiana moderna e progressista, è senz’altro garanzia di serietà.

Mancanza di dialogo tra attori politici, carcere per dissidenti e oppositori, repressione violenta delle manifestazioni di protesta, tessuto industriale deteriorato da provvedimenti governativi che scoraggiano gli investimenti privati, scarsità di generi alimentari ma anche di medicine fondamentali per assicurare il benessere e la qualità di vita della popolazione… Insomma, un paese con una profonda crisi d’identità politica aggravata dallo stallo economico. Un paese potenzialmente assai ricco ma, allo stesso tempo, estremamente povero. E’ questo quello che ha accolto la delegazione italiana.

La missione dei Senatori, una volta in Italia, sarà delicata e difficile. Dovrà illustrare una realtà complessa e variegata. Dovrà spiegare le difficoltà della nostra Collettività, costituita da piccoli imprenditori che dopo anni di lavoro hanno dovuto chiudere le proprie aziende; da industriali le cui proprietà sono state espropriate e che ancora attendono un compenso dal governo; da leader politici incarcerati; da studenti universitari repressi con estrema violenza. Ma ciò che più duole è che dovranno spiegare la diaspora di una Collettività costretta di nuovo a emigrare per fuggire dalla violenza della micro-criminalità che nel 2014 ha provocato ben ventiquattro mila morti ammazzati e che nei primi due mesi dell’anno, stando a cifre non ufficiali, ha già fatto quasi 900 vittime; che vede i propri figli in cerca di un futuro che il paese ormai non può più assicurare. Insomma, la diaspora di una Collettività i cui anziani restano fortemente ancorati al paese, che tanto ha dato in passato e che tanto potrebbe offrire in futuro, e i giovani abbandonano con grande dolore.

 (Mauro Bafile/Voce)

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