Tregua e autonomia, ecco il piano sull’Ucraina

Vladimir Putin, Francois Hollande, Angela Merkel

MOSCA. – Le diplomazie di Russia, Francia e Germania sono al lavoro per trovare un accordo che faccia tacere le artiglierie nel sud-est ucraino. Il contenuto del progetto – di cui Putin, Merkel e Hollande hanno discusso al Cremlino per più di 5 ore – non è ancora noto del tutto. Ma i media rivelano alcune indiscrezioni. A partire dal fatto che – secondo una fonte anonima citata dall’Interfax – esperti di politica estera di Parigi e Berlino si troverebbero in questo momento a Mosca per stendere il piano da presentare domani nella conference call tra i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina. Un colloquio che servirà a tirare le somme dei negoziati svoltisi giovedì a Kiev e ieri a Mosca. “Noi – aveva detto Angela Merkel prima di partire per il blitz diplomatico franco-tedesco – ci impegniamo a mettere fine al bagno di sangue e a far rivivere gli accordi di Minsk”: gli stessi che a inizio settembre hanno portato a un fragile cessate il fuoco troppo spesso violato e che prevedevano – tra le altre cose – anche uno status speciale per il turbolento Donbass. E proprio una tregua immediata con l’arretramento delle armi pesanti è tra i passaggi chiave del nuovo compromesso che si sta cercando di raggiungere. Mentre Hollande ha proposto esplicitamente oggi a Monaco una maggiore autonomia per il sud-est, anche se non è ancora ben chiaro di che tipo. Inoltre, fonti diplomatiche citate dal quotidiano Kommersant sostengono che sarà delineata una nuova ‘linea di contatto’ diversa da quella stabilita negli accordi di settembre, e che asseconderà di fatto le recenti conquiste dei ribelli (circa 1.000 kmq di territorio). Le autorità tedesche negano però che saranno fatte concessioni territoriali ai separatisti. Anzi – per venire incontro a Kiev – sembra che sarà messo nero su bianco che “l’integrità territoriale ucraina” non può essere violata. Un altro punto cruciale è la creazione di una zona cuscinetto, che secondo Hollande sarà larga 50-70 km (mentre per gli accordi di Minsk doveva essere larga la metà, 30 km). Petro Poroshenko ha invece bocciato l’ipotesi di inviare “forze di pace” (varie fonti ventilavano un intervento dei caschi blu dell’Onu) nel sud-est perché – ha spiegato il presidente ucraino a Monaco – “serve il benestare del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” e quindi come “minimo sei mesi”, mentre basterebbe “un monitoraggio internazionale al confine” per avere “pace e stabilità nel giro di una settimana”. Sarebbe proprio questo il punto più problematico, secondo Vedomosti: “il controllo efficace della frontiera russo-ucraina” per impedire a Mosca di fornire armi e uomini ai miliziani. Anche gli accordi di Minsk prevedevano il monitoraggio dei confini da parte dell’Osce, ma questo principio rimase di fatto lettera morta. Kiev – scrive gazeta.ru – potrebbe invece cancellare il blocco economico che in autunno ha decretato la chiusura di tutti i servizi pubblici e il congelamento dei conti bancari nelle zone occupate dai ribelli. Gli occhi del mondo restano puntati sull’Ucraina e – anche se la Merkel sottolinea che non è detto che i negoziati abbiano successo – fa ben sperare che questa volta si tratta al livello più alto. I 12 punti dell’accordo di Minsk furono infatti siglati dai partecipanti al Gruppo di contatto (Kiev-Mosca-Osce-separatisti), ma i rappresentanti non erano degli esponenti di primo piano: per la Russia l’ambasciatore a Kiev Mikhail Zurabov e per l’Ucraina il controverso ex presidente Leonid Kuchma. Questa volta un’eventuale intesa impegnerebbe in prima persona lo stesso Vladimir Putin, che a metà gennaio ha inviato segretamente in Europa un progetto di 9 pagine che è alla base delle contrattazioni di questi giorni. Contrattazioni che – tra l’altro – potrebbero dividere Europa e Stati Uniti, con gli Usa – esclusi dai colloqui – che minacciano di armare le truppe di Kiev. (di Giuseppe Agliastro/ANSA)

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