Snowden sogna di tornare in Usa, avvocato racconta la vita della talpa

BERLINO. – Edward Snowden non è “pentito” di quanto ha fatto, sogna di tornare negli Stati Uniti e per il momento in Russia vive dei suoi risparmi: a raccontare la vita della “talpa” del Datagate è il suo avvocato tedesco, che parlando coi cronisti a Berlino ha permesso di ‘avvicinare’ la quotidianità in esilio dell’ex consulente della Nsa che ha scompaginato gli equilibri diplomatici con le sue rivelazioni. Rivelazioni sui servizi segreti americani che ancora oggi imbarazzano il governo tedesco, con cadenza quasi settimanale. L'”esule” Snowden vive di risparmi e di premi. Non è “pentito”. Il suo sogno nel medio termine è di poter tornare negli Usa, perché il diritto di soggiorno in Russia scade alla fine del mese ma sarà prolungato. E spera con i suoi legali in un ruolo positivo dell’Ue nella ridefinizione di materie, come la protezione dei dati e la tutela dei diritti umani degli informatori. Wolfgang Kaleck a Berlino risponde così alle domande della stampa straniera e all’ANSA. “Snowden lavora molto, ogni giorno, per collaborare alle inchieste aperte sul suo caso: quelle del Senato francese, della commissione del Bundestag tedesco, della commissione del parlamento europeo e del Consiglio d’Europa”. Oltre ai legali statunitensi, conta su un team di avvocati in Europa, coordinato da Kaleck: “Oltre a me, ci sono 4 colleghi in Francia, Belgio, Spagna e Svizzera”. Le attività legali vengono pagate da un fondo. Ha paura? “Non che io sappia”, è la risposta. “Ma Snowden – continua Kaleck – non è un modello di macho, un tipo prepotente che pensi sia fantastico tutto quello che ha fatto o creda di avere la situazione sotto controllo. E’ un uomo piuttosto riservato. E ha ponderato a lungo come comportarsi, sa cosa lo minaccia e aveva in parte previsto i rischi cui sarebbe andato incontro”. “Non credo che abbia dubbi sulla sua missione – aggiunge -, né secondo me dovrebbe averne”. Kaleck lo ha visto a gennaio, e annuncia un prossimo incontro. Comunicare con l’assistito non è semplice: “Il mio cellulare non è sicuro, e alla lunga neppure internet”. Kaleck ha anche chiarito cosa abbia spinto la ‘talpa’ a cambiare strategia di comunicazione: “Dopo la prima fase di Wikileaks, da un anno ha deciso di affidare il materiale a delle testate e a dei giornalisti riconosciuti: per potersi difendere meglio e per non incorrere più nell’accusa di mettere a repentaglio persone attraverso le sue rivelazioni. Sono i giornalisti a stabilire cosa pubblicare”. Snowden e i suoi avvocati sperano in un ruolo dell’Europa, nel lungo periodo, sul caso aperto dalle sue rivelazioni sul lavoro dell’intelligence e nella ridefinizione della tutela dei diritti dei ‘gola profonda’: “Ho accettato questo caso perché ritengo ci sia qualcosa da dire su come lavorano i servizi segreti”, ha detto il legale. E gli scandali come quello dello 007 tedesco che spiava per conto di Washington la commissione parlamentare tedesca – caso definito oggi “grave” da Angela Merkel, alzando i toni dello scontro con gli Usa – possono aiutare. “Me lo auguro”, ha detto Kaleck. Prima o poi anche il gesto coraggioso di Snowden – come quello di Daniel Elsberg nel caso del Vietnam – sarà letto come contributo positivo: “Non ho dubbi che quello che ha fatto serva a migliorare la società. Non so se però lui riuscirà a trarre benefici da questa consapevolezza, una volta che sarà maturata. La questione è quanto ci vorrà: 3, 5, 10 anni?”. Uno è troppo poco, conclude, perché la politica prenda coscienza. (Rosanna Pugliese/ANSA)

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