Incubo inflazione per Argentina e Venezuela, nemico comune

BUENOS AIRES.- L’Argentina e il Venezuela – due pesi massimi dell’economia latinoamericana e due alleati politici regionali dai tempi di Nestor Kirchner e Hugo Chavez – affrontano in questi giorni un nemico comune, l’inflazione, contro il quale reagiscono con una strategia anch’essa comune: la denuncia dell’attacco speculativo e della cospirazione destabilizzante dei “poteri economici”. Ieri sera Nicolas Maduro, l’erede di Chavez, ha minacciato di “espropriare” e “confiscare” le aziende che non dimostrino di aver applicato la cosiddetta legge del “prezzo giusto”, che fissa a un massimo del 30% il margine di guadagno. “Se lunedì prossimo troviamo che ci sono aziende che stanno violando la legge prenderò le misure più radicali perché il popolo intervenga per farle lavorare”, ha promesso, avvertendo la “borghesia” di non “sottovalutare il potere del popolo”. Quasi in contemporanea, a Buenos Aires la presidente Cristina Fernandez de Kirchner ha accusato gli imprenditori di essere i responsabili dell’inflazione nel suo paese: “Non permetteremo che continuino a saccheggiare le tasche degli argentini”, ha detto, sostenendo che mentre lei aumenta i benefici sociali “loro l’unica cosa che aumentano sono i prezzi”. In Venezuela l’inflazione ha raggiunto il 56% nel 2013 – il record regionale – mentre in Argentina le statistiche ufficiali la pongono poco al di sopra del 10%, ma secondo stime private ha chiuso l’anno fra il 25 e il 30% e continua a crescere nel 2014. Nelle sue previsioni annuali per l’America Latina, l’Fmi ha indicato che in questi due paesi “durante il 2013 sono cominciate a manifestarsi pressioni sull’inflazione, la bilancia dei pagamenti e i mercati valutari che stanno influendo in modo negativo sulla fiducia dei mercati”. Il settimanale britannico The Economist è stato meno diplomatico, affermando che dopo anni di bonaccia dovuti ai prezzi di commodities strategiche (petrolio per il Venezuela, soja per l’Argentina) ora la crescita dell’inflazione e la riduzione delle riserve valutarie dimostrano che per i due paesi “la festa è finita”. Molti analisti sottolineano però che, al di là delle somiglianze, la situazione nei due paesi è sostanzialmente diversa, anzitutto per la portata stessa delle statistiche: oltre alla distanza notevole nei tassi di inflazione, a Caracas un dollaro vale oggi 6,30 bolivar sul mercato legale e 70 sul parallelo, mentre a Buenos Aires il dollaro legale è a 8 pesos e quello “blu” (clandestino) a 12,50. L’economia argentina, inoltre, contrariamente a quella venezuelana non dipende in modo così determinante da un solo prodotto -il petrolio- ma ha registrato un’importante ricostruzione del suo tessuto produttivo dopo la crisi del 2001 e non soffre di una regolamentazione così asfissiante come quella venezuelana. Un’altra differenza di peso sta nel fatto che il secondo mandato presidenziale di Kirchner si concluderà nel 2015 e quello di Maduro nel 2019, anche se gli analisti sottolineano l’esistenza di un altro cruciale fattore comune fra le due nazioni: l’assenza di un candidato oppositore che permetta di prevedere un’alternativa futura al chavismo o al peronismo. (Javier Fernandez/ANSA)

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