L’India accelera sui marò, ma rispunta la pena di morte

NEW DELHI. – La Corte Suprema indiana ha posto un ultimatum di due settimane al governo indiano per risolvere il “pasticcio” che blocca il processo a carico dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che adesso si è arricchito di un nuovo colpo di scena con il riemergere, secondo notizie stampa, dello spettro della pena di morte. Mentre aumenta il pressing diplomatico italiano a Bruxelles. Dopo aver ascoltato il ricorso del team legale guidato dall’avvocato Mukul Rohatgi che ha denunciato i gravi ritardi, il massimo organismo giudiziario ha chiesto all’avvocato dello Stato di trovare una soluzione per “riconciliare il conflitto di opinione all’interno dell’amministrazione” e, dopo aver ricevuto la rassicurazione che “farà tutto il possibile”, ha rinviato l’udienza al 3 febbraio. Però, una fonte della Nia (la polizia anti-terrorismo che sta indagando sul caso e che proprio ieri ha festeggiato i cinque anni della sua creazione con un convegno a New Delhi) ha detto al ‘Times of India’ che il ministero degli Interni ha dato il semaforo verde all’utilizzo di una legge sulla pirateria marittima in acque internazionali (il ‘Sua Act’) nella formulazione dei capi di accusa contro i due marò. Si tratta del draconiano provvedimento fortemente contestato dall’Italia perché contiene la pena di morte in caso di omicidio e per l’assurdità di considerare come “pirati” due militari che per conto di uno Stato stavano compiendo un servizio di antipirateria. La notizia, non confermata all’Ansa, è preoccupante perché violerebbe le promessa di New Delhi data lo scorso aprile sulla non applicabilità della pena capitale, ma secondo l’inviato Staffan de Mistura deve essere presa con le pinze. “Quello che fa fede per noi è ciò che dirà la Corte Suprema – ha dichiarato – e non quello che dicono fonti generiche che appaiono sulla stampa”. Il diplomatico è stato anche chiaro su cosa potrebbe succedere il 3 febbraio in caso di un ulteriore temporeggiamento del governo di New Delhi che, va ricordato, è ormai in piena campagna elettorale con il partito di maggioranza del Congresso di Sonia Gandhi coinvolto in una durissima sfida con l’opposizione di destra di Narendra Modi. “Se per quella data – ha detto – l’India non fosse in condizione di presentare una posizione chiara sui capi d’accusa, gli avvocati della difesa insisteranno per il ritorno in Italia dei marò”. Nel caso in cui continui l’impasse o se il governo decide veramente di applicare il Sua Act, potrebbero scattare “varie contromosse”, secondo il ministro degli Esteri Emma Bonino, che alla conclusione del Consiglio dei ministri europei a Bruxelles ha confermato l’interessamento di Catherine Ashton. La responsabile della politica estera europea “ha sottolineato la giustezza della nostra posizione e della nostra richiesta – ha detto – confermando di aver seguito questo dossier da parecchio tempo”. In particolare, la Bonino ha fatto riferimento al viaggio in India di un direttore del Servizio diplomatico europeo per colloqui con il ministero degli Esteri indiano. La questione dei marò, inoltre, sarà riproposta anche nella consultazione politica Ue-India prevista per venerdì. Nello stesso tempo, si cerca di accelerare la missione della delegazione parlamentare italiana che “potrebbe partire già domenica”, secondo il presidente di Fdi Ignazio La Russa, e che sarebbe composta al massimo da uno o due rappresentanti per partito. Il ricorso italiano è stato esaminato da una sezione composta dai giudici B.S. Chauhan e J.Chelameswar in una seduta durata appena dieci minuti che non ha permesso alla parte italiana di illustrare nel dettaglio la propria posizione. Va però ricordato che Chelameswar conosce a fondo la questione perché aveva emesso il verdetto del 18 gennaio 2013 insieme all’ex capo della Corte Suprema Altamas Kabir, esprimendo però un parere differente a favore dell’applicazione del Codice penale indiano al di fuori delle acque territoriali. Intanto, in attesa di un pronunciamento dei giudici, i legali italiani chiederanno un rinvio della seduta alla “session court” di Patiala House fissata al 30 gennaio dopo le obiezioni sulla mancanza dei capi di accusa da parte della polizia Nia e dell’impossibilità quindi di avviare il processo.

(Maria Grazia Coggiola/ANSA)

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