Roberta Zanchi: “Il teatro come passione e strumento sociale”

CARACAS – Lo spettacolo rappresenta la situazione della società moderna e del paese, mediante l’incontro forzato di due sconosciuti appartenenti a situazioni distinte. Si trovano rinchiusi nello stesso luogo, ognuno costretto a convivere con i suoi drammi, eppure tentano di venirsi incontro ed avvicinarsi, superando le differenze.

Così ci presenta “El Sitio”, la rappresentazione teatrale diretta da M.G. Gamarra ed in scena al Teatro San Martin di Caracas, l’attrice Roberta Zanchi.

L’abbiamo raggiunta al Centro Plaza all’interno del suo curatissimo negozio, simbolicamente chiamato “Caronte”. Nome piuttosto azzeccato, se ci è concesso affermarlo.

– Questo lavoro è il frutto di un processo durato più di un anno – ci spiega la Zanchi – ed è grazie alla passione per il teatro e allo sforzo del gruppo teatrale Repico (nato vent’anni fa dal sodalizio tra Renata Fernández, Pilar González e Consuelo Trum) che siamo riusciti a metterlo in scena.

Man mano che ci racconta della sua carriera artistica, dove il retaggio della cultura italiana è evidente, riaffiora la caratteristica inflessione toscana, mai definitivamente sopita. L’attrice è originaria di Firenze, città dalla quale emigrò negli anni ’60, non ancora maggiorenne, per seguire il padre a Caracas. Finì per stabilirsi definitivamente in Venezuela, dopo qualche iniziale difficoltà di adattamento, “imparando ad amare questo bellissimo paese”.

La traiettoria è stata notevole – continua vivacemente – ho cominciato ad appassionarmi al teatro grazie agli ottimi professori ed alla figura di Miguel Ferrari, tramite il nostro Centro Italo-Venezuelano, che ha permesso di avvicinarmi alla scuola teatrale locale. Il mio percorso poi è proseguito nel contesto del Taller Experimental de Teatro (TET), al quale mi sono dedicata per due anni.

Ci confida con grande espressività R. Zanchi che “il teatro è voler rappresentare situazioni idiosincratiche, arrivare alla mente ed al cuore degli spettatori. Nella storia ha sempre avuto una funzione sociale fondamentale, dove il ruolo che assume è proprio di far pensare la gente. Quel che accade è che oggi, cosi in Italia come in Venezuela, si è più interessati allo svago. Perciò la tendenza che il teatro ha intrapreso è piu improntata alla messa in scena di situazioni meno impegnate, incentrate principalmente sul rapporto di coppia e sulle tematiche connesse. Oggi gli esseri umani sono più simili agli struzzi, preferiscono non assistere a situazioni critiche”.

Ne parla con una nota di rassegnazione nella voce, la navigata attrice, ma senza perdere la consapevolezza dell’amore che nutre per questa straordinaria forma d’arte:

“Noi lo facciamo per mistica, per passione”.

Perciò continuiamo nel rappresentare soprattutto opere classiche – prosegue – come la “Medea” di Euripide, “l’Antigone” di Sofocle o “La Rosa Tatuata” di T. Williams.

All’incontro è presente anche Giuseppina Davià, addetta al sonoro per le rappresentazioni e proveniente da Padova, che ricorda con la massima precisione le rappresentazioni teatrali a cui hanno collaborato e si accoda nell’esprimere commenti pungenti sulla società moderna.

Per la Zanchi l’apporto del patrimonio artistico italiano è sempre rimasto centrale nei pezzi messi in scena, sin dagli esordi della sua attività:

“Basti pensare che ho cominciato con i Dialoghi di Dario Fo, passando per le opere di Pirandello (“Cosi è se vi pare”) e Goldoni (“l’Arlecchino”), la trasposizione di “Una Giornata Particolare” del maestro Ettore Scola”. E ancora – ci ricorda – le numerose collaborazioni con le Associazioni Regionali, specialmente in relazione all’adattamento della Divina Commedia di Dante. Tiene inoltre a menzionare – concludendo – il contributo di Giovanni Reale, attore-regista di numerose opere ed operette alle quale ha preso parte nel corso degli anni.

Il messaggio di fondo che l’attrice vuole comunicare, magari celatamente – al pari della rappresentazione messa in atto al fianco dell’attore José Antonio Barrios – è di travagliata ma sentita speranza, sia per il futuro del teatro che dell’uomo in generale.

Lorenzo Di Muro

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