Legge Elettorale, Letta ai partiti: si cambia o si muore

ROMA  – Ormai non possiamo tornare indietro: se lo facessimo i partiti, tutti i partiti, sarebbero travolti dall’antipolitica. Durante il Consiglio dei ministri Enrico Letta ha spiegato con toni drammatici le ragioni che lo hanno spinto ad accelerare sul finanziamento pubblico dei partiti. Questa riforma va fatta e va fatta con la massima urgenza, ha argomentato il capo del governo illustrando le linee guida del disegno di legge che sarà varato nel prossimo Cdm.

– I tagli alla politica – ha proseguito secondo il resoconto di un ministro presente – erano parte del programma su cui ho incassato la fiducia e quindi non torno indietro; sono indispensabili, soprattutto in un momento in cui il Paese ha bisogno di tutte le risorse disponibili per affrontare le priorità sociali ed economiche.

Un monito che nasconde però alcune inevitabili considerazioni: Letta sa bene che su una materia tanto delicata sarebbe controproducente, oltre che rischioso, imporre la volontà dell’Esecutivo. La scelta di non procedere per decreto ma di preparare un ddl da sottoporre all’esame delle Camere pare in questo senso obbligata: spetterà al Parlamento gestire la patata bollente del se e come tagliare le entrate dei partiti. Anche perchè solo così l’opposizione potrà contribuire alla stesura del testo. Più che avviare l’iter il governo non può fare. E se il testo finirà su un binario morto, sarà il Parlamento ad assumersene la responsabilità.

Per parte sua il premier potrà solo rinnovare quel pressante invito già rivolto alle Camere nel suo intervento programmatico. Un appello peraltro condiviso anche dall’altro socio forte della maggioranza:

– L’abolizione era parte del programma del Pdl – ha ricordato Angelino Alfano, dando manforte al premier durante la riunione del Cdm. E la sintonia non si ferma qui: nessuno dei due intende prosciugare del tutto le casse dei partiti, nè tantomeno limitare i finanziamenti alla sola generosità dei privati, come negli Usa. Il sistema americano ha dei pregi, ma anche grandi difetti, riflettono a palazzo Chigi. Ma in una fase di crisi come questa, in cui è difficile trovare 200 milioni per prorogare i bonus fiscali sulle ristrutturazioni i partiti per primi devono dare il buon esempio.

Il nuovo sistema, per Letta, deve quindi privilegiare il contributo volontario dei privati, stando però bene attenti a non esporre le forze politiche alle pressioni dei gruppi di interesse. Non è un caso che il capo del governo, unitamente alle linee guida sui costi della politica, abbia illustrato anche quelle per regolamentare l’attività di lobbying. Ciò non significa azzerare del tutto i contributi pubblici. Del resto nel Pd, ma anche nel Pdl (soprattutto fra chi guarda con preoccupazione al dopo Berlusconi) le resistenze sono enormi: in tanti si opporrebbero ad un sistema che rischierebbe di far candidare ”solo i milionari”. Un timore condiviso anche nell’esecutivo.

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