Lega: passa la linea dura sciopero più vicino

ROMA – La mediazione della federcalcio non é servita, e dai passi avanti si è tornati alla rottura vera. Stavolta il rischio che il campionato non parta il prossimo week end è davvero concreto: nella giornata che doveva essere risolutiva per la vicenda del rinnovo del contratto dei giocatori il braccio di ferro è tornato più virulento che mai tra club e sindacato.


La Lega, con un’assemblea durata poco più di un’ora, la maggior parte passata tra urla e insulti dei presidenti (solo tre in realtà quelli presenti, Massimo Cellino, Igor Campedelli e Aurelio De Laurentiis, il resto solo dirigenti e avvocati in rappresentanza delle società) ha respinto con un voto quasi unanime di 18 contro 2 favorevoli (il Cagliari e il Siena rappresentato da Perinetti) il testo dell’accordo già sottoscritto dall’Aic. Insomma nessuna fumata bianca, perché dal potenziale grigio ipotizzato dopo i chiarimenti illustrati dal presidente Abete solo lunedì, si è tornati al nero.


“L’assemblea di Lega ha respinto l’accordo con una maggioranza cospicua” l’annuncio del presidente Maurizio Beretta, lo stesso che dopo il consiglio federale e le modifiche all’art.7 fatte da Abete su richiesta dei club era andato in assemblea dicendo: “Sono stati fatti passi avanti, le nostre richieste sono ragionevoli, l’Aic le accetti”. Poi il patatrac a soli 500 metri da via Allegri, dove i club riuniti hanno rimescolato tutto: compresi i ‘piccoli’ che sembravano pronti a firmare. “Qui stiamo fallendo tutti” le voci alterate dall’assemblea, da parte di chi voleva chiudere la vicenda. “Non vendiamo uno straccio di abbonamento e stiamo pure a discutere se si gioca o no?” aveva provato a fare la voce grossa Cellino. “Basta farsi prendere in giro dall’Aic, risparmino sulla barca da due milioni di euro: io ho il gommone” la replica indiretta di Pietro Leonardi, dg del Parma. Baruffa finita con il no secco, e 4 righe di nuovi emendamenti al contratto: a pesare c’é l’articolo 4 sul contributo di solidarietà, i club esigono che a pagarlo siano i giocatori.


“Non è ammesso il patto contrario – scrivono le società – eventuali contributi straordinari saranno esclusivamente a carico del calciatore”. E anche l’articolo 7, quello sui ‘fuori rosa’ che sembrava ormai cosa fatta: qui i club sono tornati alla carica pretendendo che lo staff tecnico organizzi “allenamenti differenziati per tutto il tempo ritenuto necessario”.


Quanto basta per far saltare il banco e irritare, non poco, lo stesso Abete che aveva cercato la mediazione con il placet del sindacato. “Qualcuno ha interesse che la A non giochi – ha tuonato Damiano Tommasi, alla sua prima prova del nove da presidente dell’Aic – e comunque al momento non ci sono le condizioni per scendere in campo. Lo abbiamo detto più volte: non si gioca senza la firma del contratto, e qui gli argomenti appaiono pretestuosi. Siamo sorpresi da come é stato detto no, chi ha proposto le modifiche non ha lasciato la delega per firmare e ha chiuso formalmente l’assemblea”. Punto, questo della delega per firmare anche in extremis il contratto, su cui Beretta non risponde. Il presidente di Lega invece insiste su una questione: “Se non si gioca è perché l’Aic non vuole firmare la norma sul contributo di solidarietà, viene il sospetto che ci sia qualcosa sotto”. “Mai detto che non pagheremo: aspettiamo la legge. E’ la Lega che non vuole giocare”, replica Tommasi. “Le tasse pagate dai club sono quelle pagate dai giocatori” sottolinea Demetrio Albertini, vicepresidente Figc.


Ora la federazione proseguirà la sua corsa contro il tempo per scongiurare quanto ormai sembra quasi irreparabile. E comunque il consiglio federale, che pure ha lasciato aperta la finestra per tutto il pomeriggio aspettando che in Lega arrivassero a una decisione, si è aggiornato ancora a domani. Confidando in un mediazione notturna.


“Non ho avuto risposte convincenti – ha detto però Abete visibilmente irritato – la Figc ha il dovere di non arrendersi, ma essere ottimisti è difficile. Se non si gioca è una ferita inutile, diamo una rappresentazione negativa del mondo del calcio e creiamo un danno economico. Di certo non c’é stato il rispetto degli impegni assunti. Avevo detto che mi vergognavo un po’, togliamo pure il po’. I margini sono stretti: farò fino in fondo ogni tentativo per recuperare questa situazione, ma appare bloccata. Lascerò comunque agli atti della federazione ogni cosa”.


E pensare che la mattinata si era aperta con il “é solo una formalità” di Cellino, da sempre ‘colomba’ nella vertenza con il sindacato. E i “passi avanti” visti dalla Lega. “C’é carenza di buon senso e il problema vero è che la Lega di A ha problemi di compattezza. Sono allibito: non c’é la volontà di instaurare un rapporto costruttivo. E’ la linea di qualcuno. Soddisfatti lo saremo quando comincerà il campionato: ora l’unica cosa è spostare la prima giornata”, conclude Tommasi. Lo deciderà domani la Figc. La serie A resta in bilico, lo sciopero è alle porte.