Immigrati, cresce l’esercito di imprenditori

ROMA – Non solo vu cumprà, clandestini o bassa manovalanza. E’ sempre più numeroso l’esercito di imprenditori stranieri in Italia, non conosce crisi, risiede soprattutto al Nord ed è ‘rosa’ per più del 18 per cento. Sono 213.300, al 31 maggio scorso, i titolari di azienda con cittadinanza straniera presenti nel nostro Paese, pari al 3,5 per cento dell’imprenditoria nazionale, percentuale che raddoppia e sale al 7,2 per cento restringendo il campo alle sole imprese artigiane, cuore del made in Italy. Ma se si considerano anche le altre figure societarie di queste imprese, il numero di persone che ruota intorno all’imprenditoria che parla idioma straniero sale di 177mila, a quasi 390.000 persone. Sono i dati dello studio della Cna sul tema ‘Immigrati e imprenditoria’ contenuto nel Dossier Immigrazione di Caritas Migrantes.


Si tratta quasi esclusivamente di ditte individuali, per il 50,2 per cento artigiane, dove la presenza femminile è tutt’altro che irrilevante: le aziende con titolare donna sono infatti più di 18 su 100 (18,3 per cento), e le straniere mostrano partecipazioni decisamente altre tra i soci (36,1 per cento) e nella media di tutte le figure societarie (21,6 per cento). Rispetto ai primi cinque mesi del 2009, dice la Cna, i titolari di impresa stranieri sono cresciuti di 25.800 unità: un avanzamento che non conosce crisi. Nei primi cinque mesi del 2010, nonostante il permanere del forte stato di difficoltà per il sistema produttivo, le imprese gestite da immigrati sono cresciute infatti del 13,8 per cento, rispetto allo stesso periodo del 2009, una variazione che migliora di tre decimi di punto quella precedente.


E’ il Marocco – indica ancora lo studio Cna – con oltre 35.000 imprenditori (16,6 per cento del totale) a guidare la classifica dei paesi di provenienza, segue la Romania (32.452 titolari d’azienda, 15,2 per cento). La Cina, sorpresa, è solo al terzo posto, con quasi 31.000 imprenditori (14,5 per cento), e l’Albania (22,611 pari al 10,6 per cento) al quarto.


Limitatamente a questi paesi (che coprono una fetta del 57 per cento del totale dei titolari d’impresa stranieri in Italia); nell’ultimo anno si rileva una crescita superiore o prossima a quella della media complessiva, ed è la Cina a crescere di più: +21,5 per cento, rispetto a +15,1 per cento Marocco, +15,5 per cento Romania, +12,0 per cento dell’Albania. E’ nell’Italia del Centro-Nord che risiede l’87,7 per cento delle imprese i cui titolari hanno cittadinanza estera (nel Nord Ovest il 36,9 per cento; nel Nord Est il 24,7 per cento, nel Centro il 26,0 per cento), e quasi l’80 per cento di essi è concentrato in sole sei regioni: Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Toscana e Lazio. Fatta eccezione per la Lombardia, che da sola ospita circa il 23 per cento delle imprese di immigrati, nelle altre cinque regioni il peso dell’imprenditoria straniera appare simile e risulta compreso tra i 10 punti percentuali del Veneto e i 12,5 della Toscana. Decisamente residuale nelle restanti 14 regioni italiane il peso delle imprese di immigrati, si va dai 3,2 punti percentuali della Sicilia allo 0,2 per cento di Basilicata, Molise e Valle d’Aosta.

CITTADINANZA


Fini: «Bimbi italiani, dopo un ciclo di scuola»

ROMA – ‘’Ho molti dubbi sull’inserire nella nostra legislazione lo ‘ius soli’ perchè alcuni Paesi che hanno questo tipo di legislazione stanno avendo molti problemi. La mia proposta è che, alla fine di un ciclo scolastico, quei ragazzi che sono stabilmente in Italia perchè hanno le famiglie in Italia hanno secondo me il diritto di diventare cittadini senza aspettare i 18 anni’’. Lo ha detto il leader di Fli Gianfranco Fini nel corso di un’intervista rilasciata a Babel tv, di cui Sky Tg24 ha dato un’anticipazione.


Riguardo, poi, alle polemiche dei giorni scorsi dopo il voto da parte di Fli con l’opposizione di un emendamento sul trattato Italia-Libia che ha fatto andare sotto il governo, Fini sottolinea:
– Mi dispiace che qualcuno della maggioranza di governo abbia detto che siccome è stato approvato un emendamento che impegna la Libia ad aprire a Tripoli un ufficio per la tutela dei diritti degli esuli e dei rifugiati politici vogliamo far arrivare i barconi con i clandestini. Un modo – ha concluso – di confrontarsi sul tema dell’immigrazione così strumentale e propagandistico non fa onore ad una parte della politica italiana.