Agenti Cia processati in Italia? Ipotesi remota


WASHINGTON.- È assai remota la possibilità che vengano processati in Italia i tredici agenti della Cia ricercati dalle autorità italiane ed europee accusati di aver rapito a Milano l’imam Abu Omar e di averlo trasferito clandestinamente in Egitto, dove è stato torturato.


Ne sono convinti alcuni esperti di diritto internazionale americani interpellati dal “New York Times”, secondo cui in teoria il governo degli Stati Uniti potrebbe essere obbligato ad estradare gli agenti della Cia nel caso in cui questi si trovassero in territorio americano. In realtà, nella pratica, è la convinzione dei giuristi, è virtualmente inconcepibile che l’amministrazione possa consegnare a un governo straniero, per quanto alleato, suoi agenti impegnati in un’operazione autorizzata che rientra nella guerra al terrorismo.


– Non c’è quasi alcuna probabilità che gli Stati Uniti estradino queste persone in Italia, nonostante la lettera di qualsiasi trattato – afferma Peter J. Spiro, che insegna diritto internazionale all’Università della Georgia – È molto improbabile che ci sia una qualche forma di cooperazione a questo scopo.


Non è insolito che durante operazioni di intelligence vengano violate le leggi locali, ma azioni del genere vengano organizzate almeno con il tacito consenso del governo, osserva il “New York Times”, sottolineando che l’esecutivo di Silvio Berlusconi non ha al momento rilasciato alcun commento ufficiale sul caso.


– Se la cattura e l’allontanamento di un individuo, per usare termini relativamente neutrali, vengono fatti senza la conoscenza e l’autorizzazione di almeno qualche parte del governo italiano, allora è un’evidente violazione del diritto internazionale – ammette dal canto suo il professor Douglass W. Cassel, che insegna diritto internazionale alla Northwestern University, secondo cui gli Stati Uniti potrebbero iniziare “a giocare” nel caso, sollevando ogni possibile argomento per opporsi all’estradizione.


Così, per esempio, “se la richiesta di estradizione venisse fatta sulla base di un passaporto falso, allora potrebbero dire, ‘non conosciamo questa persona’”. Circostanza che potrebbe proporsi in questo caso, dal momento che dei 13 nomi indicati nei mandati di arresto, ben undici sarebbero falsi. Convinto che, indipendentemente dai termini del trattato di estradizione in vigore tra Roma e Washington – che si applica a qualsiasi reato punibile a partire da un anno o più di carcere, salvo alcune eccezioni di “reati politici e militari”, nelle quali non rientra il crimine in questione – il governo americano difficilmente consegnerà i suoi agenti è anche Ruth Wedgwood, professore di diritto internazionale alla Johns Hopkins University.


– Se si manda un cittadino americano all’estero per condurre una missione, non è possibile abbandonarlo.