ROMA.- Il ritorno alla lira metterebbe in ginocchio l’economia italiana. La disoccupazione salirebbe e supererebbe il tetto del 12 per cento, l’inflazione nei primi tre anni si attesterebbe intorno al 10 per cento, il deficit raggiungerebbe il 7-8 per cento del pil, i tassi di interesse schizzerebbero tra l’11 e il 12 per cento. E, quanto al debito pubblico, in tre quattro anni, aumenterebbe di oltre il 15 per cento. E’ lo scenario a tinte fosche che descrive uno studio dell’Eurispes per l’Adnkronos. Non ha dubbi il presidente dell’istituto statistico, Gian Maria Fara, commentando cifre che fra l’altro sono approssimate per difetto: – Al di là degli aspetti politici dirompenti che l’abbandono dell’euro avrebbe sul processo di costruzione dell’Europa, i pochi ed estremamente limitati vantaggi vanno confrontati con una serie di numerosi inconvenienti. Sullo stesso tenore i commenti del Presidente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, secondo il quale i dati sul Prodotto interno lordo degli ultimi due trimestri, entrambi con il segno negativo, dimostrano che “il Paese è entrato in una vera e propria fase di recessione, non di tipo congiunturale ma strutturale”. L’Italia, ha detto Illy a Gorizia in occasione del convegno ‘Crisi dei consumi, nuovi stili di vita e ruoli del terziario di mercato’ – promosso dalla Confcommercio regionale per celebrare i 60 anni dell’associazione – ‘’ha imboccato la strada del declino della sua competitivita’’. Più prudente, invece, il ministro Fini che, a Lussemburgo, ha detto: – L’Italia manterrà una posizione ‘responsabile’ sul bilancio europeo, ma non ‘cedevole’. Dopo un lungo conclave tra i ministri degli esteri, Fini ha sintetizzato la posizione italiana: – Non abbiamo intenzione di mostrare i muscoli, ma siamo pronti a usare tutto il nostro potere di convinzione e, se necessario, anche il veto. Il ministro italiano ha ribadito il ‘no’ ai tagli alle regioni e la necessità di un freno allo sconto britannico.