E’ il momento di credere nel Paese


CARACAS -Dicembre 2002. Chi non lo ricorda? Cortei con una fiumana indescrivibile di gente, manifestazioni di protesta e tante saracinesche abbassate. La sensazione di insicurezza si confondeva con quella di incertezza. Il “pugno di ferro” tra Governo e Opposizione si protrasse durante settimane, mesi. Le conseguenze per l’economia furono disastrose.


Sonmo trascorsi due anni. Il Paese é cambiato. Oggi é diverso da allora.


– Il Venezuela ha vissuto momenti difficili, veramente difficili. Ed ora é in atto una ripresa economica. Si tratta, quindi, di approfittarne; di rimettere in marcia le attivitá; di impegnarsi nuovamente a fondo. Le autoritá, in ripetute occasioni, ci hanno assicurato che la democrazia non é in pericolo; che non verrá violentata. E’ giunto, quindi, il momento di reagire, di riprendere a lavorare, di credere nel Paese – é questo il messaggio che, con una buona dosi di ottimismo e fiducia, l’Ambasciatore d’Italia, Gerardo Carante, affida alle pagine della “Voce”, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno.


– Nel 2004 – insiste l’Ambasciatore Carante -, il Paese ha registrato una crescita importante del Pil. Si stima che questa si aggiri attorno al 17 per cento, la piú alta in America Latina. I nostri imprenditori devono approfittarne. Per il 2005, poi, si prevede un crescita ugualmente importante, anche se inferiore. Potrebbe aggirarsi attorno al 5 per cento. Anche noi, con il nostro lavoro e sviluppando le nostre attivitá, dobbiamo contribuire a questa crescita.


L’Ambasciatore ammette che si puó anche non essere d’accordo con quanto accade nel Paese e sostiene che si possono anche non condividere le decisioni economiche e politiche dell’amministrazione del Presidente Chávez. E, proprio per questo, invita ad una partecipazione attiva “alla vita politica del Paese”.


– E’ necessario partecipare – afferma -. E’ necessario trovare una collocazione nell’ambito politico che ci permetta di dissentire. La partecipazione – insiste – é importante. Ricordo che giá abbiamo in Parlamento un gruppo di deputati italo-venezolani. Saranno una decina e militano soprattutto nei partiti che sostengono il Presidente Chávez. Dobbiamo partecipare attivamente alla vita politica del Paese ed i nostri imprenditori devono approfittare di questa particolare congiuntura economica di crescita.



Cresce l’interscambio


La prossimitá di un nuovo anno suole essere propizio per rinnovare propositi ed imbastire nuovi progetti. Ma é anche tempo di bilanci. E’ per questo che, giunti oramai alla fine del 2004, chiediamo al nostro Ambasciatore di illustrare su quali basi si fondano e quale é la consistenza delle relazioni economiche tra Italia e Venezuela.


Con tono pacato e senza esitazioni, l’Ambasciatore Carante ci traccia per sommi capi il bilancio dal quale risulta un anno assai proficuo e positivo per le relazioni commerciali tra i due Paesi.


– Innanzitutto – commenta con una certa enfasi – devo sottolineare che la consistenza é notevole. Basti pensare che nell’interscambio si stima un incremento dell’85 per cento delle nostre esportazioni rispetto al 2003. La somma dei flussi commerciali raggiunge i 700 milioni di dollari. E per il prossimo anno si spera che si possa raggiungere il miliardo.


Si sofferma, quindi, sugli importanti contratti prossimi a firmarsi, commesse, appalti e via di seguito.


– Nell’ambito dello sviluppo ferroviario del Venezuela – precisa – l’appalto quasi sicuramente verrá assegnato al consorzio italiano. Stiamo parlando di un contratto per l’ammontare di 2,5 milioni di dolari. Per quel che riguarda, invece, la commessa per dotare gli aeroporti venezolani di un sistema radar, questa é stata vinta dalla Alenia Marconi. Stiamo parlando di circa 80 milioni di dollari. C’é solo da firmare i contratti.


L’Ambasciatore Carante commenta che l’adeguamento delle attrezzature e dei sistemi di difesa delle Forze Armate venezolane, per anni trascurati, é diventato il cavallo di battaglia del Presidente Chávez.


– C’é l’ammodernamento delle navi della Marina militare – ci dice -. Come si sa, un numero importante di navi della flotta venezolana sono state costruite nei cantieri italiani. In alcune questi lavori giá sono stati realizzati nei cantieri nordamericani ed israeliani. Ma pare che la Marina non ne sia rimasta soddisfatta. L’Italia é di nuovo in lizza ed ha grosse possibilitá di ottenere questo importante appalto.


Tra le buone notizie date dal diplomatico vi é il probabile ritorno della Fiat al mercato locale dal quale non era mai stata assente completamente, rappresentata com’é dal consorzio Todeschini.


– In ultimo, ma non per questo meno importanti, abbiamo i negoziati in corso nell’ambito delle acciaierie e quello tra Digitel e Cantv– sostiene l’Ambasciatore, per poi sottolineare che “con la presenza in Venezuela dei grandi consorzi italiani, impegnati in importanti realizzazione, traggono benefici anche le aziende piccole e medie degli imprenditori italo-venezolani“.


– Ed infatti – precisa -, molte compagnie verranno chiamate dai consorzi italiani ad offrire il proprio contributo, a collaborare.


Non sono mancati i rimbrotti, o quasi tali, nei confronti del nostro Giornale. Motivo di disapprovazione, le denunce e le situazioni fatte presenti in queste pagine. Come ieri, nei momenti piú difficili la “Voce” fu vicina a quelle aziende che l’Ambasciatore porta ad esempio di imprenditoria vincente in un quinquennio complesso e complicato; cosí oggi, in una congiuntura economica e politica non facile, il nostro Giornale non puó tacere sulla triste realtá di imprenditori costretti, dopo anni di duro lavoro e tanti sacrifici, a chiudere le loro aziende, alcune piccole ed altre medie. Tantomeno puó ignorare, checché si dica, la tendenza preoccupante della crescita dell’indigenza in seno alla nostra Collettivitá o il danno arrecato a chi vive nella povertá, rimandando indietro i contributi predisposti per aiutare chi nella vita ha avuto meno fortuna di altri.- Il Giornale, negli ultimi tempi – osserva l’Ambasciatore Carante -, dá l’impressione di parlare di minoranze, di piccole minoranze che ci sono, che esistono e si trovano in una situazione, non vorrei dire di povertá, ma di difficoltá, e non dei successi degli italo-venezolani.- Purtroppo negli ultimi anni molte aziende, siano esse piccole, medie o grandi, hanno risentito fortemente della crisi economica e della conflittivitá politica. Sono imprese costrette a chiudere; aziende costruite con il sudore ed il sacrificio di una vita di lavoro.- Tante hanno chiuso e tante si sono sviluppate – sostiene ancora il diplomatico -. Abbiamo un incredibile numero di ricambi; imprese che chiudono, altre che muoiono; altre invece che nascono o riaprono. Andate ad ascoltare alcuni dei grandi imprenditori italo-venezolani. Io sento i vari “Petricca”, “Clerico”, “Sindoni”. Vadi a vedere a Maracaibo quante cose sono state realizzate: alberghi, ristoranti, centri-congresso. Hanno aperto nuove imprese, nuove attivitá. Hanno realizzato nuovi investimenti. Su questi bisogna porre l’accento. Bisogna sottolineare il grande successo dei nostri imprenditori.Ammette che “ci sono persone che soffrono ed hanno bisogno dell’aiuto di tutti”- Naturalmente – soggiunge – dobbiamo metterci una mano sulla coscienza e vedere come aiutarli. Peró, ho l’impressione, quando leggo per esempio il “Corriere della Sera”, che qui siano tutti dei morti di fame. Non é assolutamente vero. Dei 150 mila italiani registrati al Consolato, l’anno scorso solo 800 sono andati a chiedere un contributo. Ripeto, solo 800.- Tanti non chiedono per dignitá. Perché si vergognano.E poi, non credo che il “Corriere” si sia riferito a tutti.- Ho capito – continua -. Ed infatti ora ci metteremo sott a fare di meglio. Ci daremo da fare. Questo é un problema che deve interessare tutti. Deve interessare le Associazioni. E deve interessare il Consolato. Ciononostante, c’é una realtá che deve essere portata alla luce: se non si vuole essere aiutati allora il fenomeno é un’altro.Seduto in uno delle grosse poltrone in pelle del suo ufficio, mentre l’aria condizionata ci mantiene a salvo dal calore soffocante di Caracas, l’Ambasciatore torna addietro negli anni. Si rivede tra le vie cosmopolite di Parigi e ci dice:- Ho vissuto dieci anni in Francia, a Parigi. Lí ci sono migliaia di “clochard”. Non c’é proprio nulla da fare, quelli vogliono vivere sotto i ponti. La polizia arriva, li prende e li porta nei ricoveri. E loro il giorno dopo scappano e tornano in strada. Quella é la loro forma di vita.


Sostiene che se vi é gente che non vuole essere aiutata, “é nel loro diritto”.


– Il mio problema – soggiunge – non é chi non vuole essere aiutato ma il resto degli indigenti. Per coloro che vogliono essere aiutati bisogna fare qualche cosa.- Il compito della “Voce” é sempre stato di denunciare la realtá, di dare vita a dibattiti. Non é certo quello di ignorare la realtá o guardare altrove.- Ma si puó anche parlare delle grosse realizzazioni degli italiani del Venezuela e non delle 800 persone che stanno male – insiste -. In Italia quante persone stanno male! Eppure…Mi dice che ci sono tanti che non chiedono per vergogna. Cerchiamo di arrivare anche a loro.Dopo aver sottolineato che ci sono istituzioni che non possono essere aiutate come si vorrebbe – il caso per esempio della nostra “Missione Cattolica” – poiché non assistono solamente i cittadini con passaporto italiano, perora la causa dell’Assegno Sociale proposto a suo tempo anche dalla “Voce” e che oggi il Ministro Tremaglia ha trasformato in una bandiera.- Quella é una maniera per far sí che la gente bisognosa non si vergogni – ci dice –. La pensione sociale va assegnata a chi ne ha bisogno. Cosí si risolverebbe un problema. Purtroppo tutto il resto é, e resterá, solo un palliativo.Dopo un lungo elenco delle limitazioni dei sussidi, precisa:- Oggi é l’unico strumento che abbiamo. E per poterlo assegnare é indispensabile che la genta ne faccia richiesta. Se l’indigente non vuole chiederlo personalmente, cosa possiamo fare? Possiamo forse immaginare di passare attraverso le associazioni ma…


– L’importante é che questi forndi disposti per il sussidio all’indigenza, per alleviare in qualche modo l’esistenza ai piú poveri non venga restituito ma venga veramente distribuito tra che ne ha bisogno. – Questo – precisa l’Ambasciatore – é un problema che ha riguardato soprattutto il Consolato di Maracaibo. Sono stati ad aspettare che qualcuno andasse a chiedere i soldi. E alla fine non sono arrivate sufficenti richieste per spendere tutti i denari. Ed é cosí che sono stati rimandati indietro.Osserva che le “associazioni autonomamente sarebbero duvute andare in Consolato” ed informare sulla presenza di persone povere, sui connazionali che vivono nell’indigenza.- Le diró di piú – aggiunge l’Ambasciatore -. E questa é una cosa che lei senz’altro non sa. Giorni fa ho ricevuto una lettera, una comunicazione della Regione Toscana informandomi che erano stati assegnati 157 sussidi a corregionali bisognosi in America Latina. Ebbene, di questi 157 solamente due sono stati dati in Venezuela. Ho scritto al Presidente della Regione Toscana rallegrandomi per l’iniziativa. Mi chiedo come mai, visto anche la situazione difficile che attraversa il Paese, solo due richieste di aiuto dal Venezuela.- Probabilmente se l’iniziativa fosse partita dalla Regione Sardegna, di richieste dal Venezuela non sarebbe giunta neanche una. La presenza di indigenti in seno alla nostra Collettivitá é direttamente legata alla presenza di emigranti provenienti dalle diverse regioni d’Italia.- Ma parliamo solo di tre casi – insiste -. Eppoi non credo proprio che i toscani in Venezuela siano cosí pochi. Evidentemente i casi di bisognosi sono limitati. Comunque, che ci siano é un dato di fatto. Io ho saputo dei residui quando questi erano stati giá depositati. Mi sono preoccupato che quest’anno non venga rimandata indietro neanche una lira. Quest’anno, poi, non soltanto non abbiamo rimandato indietro nulla, ma addirittura il Ministro Tremaglia ha mandato 40 mila euro in piú. Ed anche questi saranno spesi entro la fine dell’anno.- La situazione sarebbe stata ben diversa se la “Voce” non ne avesse parlato. Probabilmente invece dei 40 mila euro in piú, avremmo ricevuto un “budge” decurtato. D’altronde in Italia quando il denaro torna indietro non si pensa nell’errore di un funzionario, ma semplicementre che la Collettivitá non ne ha bisogno.- No, non é cosí – risponde -. La posizione dell’Ambasciatore é sempre quella di non restituire i soldi.Sostiene che ognuno deve fare il proprio dovere, la propria parte: associazioni e Consolati.- Ho l’impressione che dopo tutti questi articoli si sia trasmessa l’immaguine di una Collettivitá morta di fame – commenta -. E non é cosí. Questa é una Comunitá che lavora, che suda e si da da fare. E’ una Comunitá che ha vissuto momenti difficili, come d’altronde tutto il Paese.E’ vero, é una Collettivitá che si é conquistata la stima dei venezolani per la sua serietá e la sua laboriositá. E’ una Collettivitá che soffre le conseguenze della crisi economica e politica nella quale é immerso il Paese. Ed é anche una Collettivitá che, checché si dica, vede crescere con preoccupazione il numero dei suoi indigenti.