Sanità spagnola, l’ondata di proteste si estende

MADRID — Non è solo Madrid. Le proteste dei sanitari per le condizioni del loro settore, e in particolare per quelle dei servizi d’assistenza pubblici di base, si sta estendendo come una vera e propria onda sismica. Andalusia, Catalogna, Comunità Valenciana, Estremadura, Galicia La Rioja: sono diverse le regioni in cui si stanno verificando scosse di indignazione con manifestazioni e altre azioni rivendicative volte a denunciare una situazione “critica”, come denunciato dalla Confederazione statale dei sindacati medici (Cesm). “L’unico obiettivo è cercare una soluzione”, spiega questa organizzazione.

Sinora, le proteste più eclatanti sono avvenute a Madrid. Inizialmente, per l’indignazione scatentata da un caotico piano di riapertura di centri di pronto soccorso extra-ospedalieri messo in atto dal governo regionale, poi con l’indizione di uno sciopero da parte dei medici di base, tuttora in corso dopo dieci giorni. Il momento clou è arrivato con una manifestazione di piazza con almeno 200.000 persone presenti.

Il conflitto sul tema nella regione della capitale, dove la governatrice popolare Isabel Díaz Ayuso sostiene che il problema principale della sanità è “l’assenza cronica” di medici, mentre rappresentanti dei sanitari e oppositori denunciano una strategia di privatizzazione dei servizi pubblici e conseguente deterioramento degli stessi, non sembra essere prossimo a una conclusione.

Proprio oggi, la presidente in persona ha annunciato misure per ridurre il livello di precarietà tra i sanitari e miglioramenti delle agende dei medici, che hanno tra le principali reclamazioni quella della necessità di ridurre il sovraccarico di lavoro. Ma Amyts, il principale sindacato medico della zona, non si è mostrato soddisfatto: “È tutto fumo negli occhi”, ha denunciato. Proprio stamattina, nel centro della capitale è andata in scena una nuova manifestazione dei medici.

Intanto, segnalano vari media, anche in altre regioni il settore si sta mobilitando, con manifestazioni e possibili scioperi. “Da anni si chiedono misure per allegerire la pressione che i medici di famiglia e i pediatri subiscono nel loro lavoro quotidiano a causa di una cattiva pianificazione dei bisogni degli specialisti in questo livello di assistenza, con budget insufficienti che portano a riduzioni di personale e sovraccarichi di lavoro sempre più gravose”, spiega la Cesm in un comunicato. “Le condizioni lavorative del primo livello di cura lo rendono poco appetibile non solo per chi potrebbe chiedere di esservi assegnato, ma anche per chi c’è già e valuta sempre di più la possibilità di lasciare la propria professione”.

Tutto questo movimento sta avvenendo mentre il Paese si avvicina a un intenso periodo elettorale, con regionali e comunali in programma in primavera e la fine della legislatura prevista a fine anno. E dopo oltre due anni in cui il sistema sanitario pubblico ha subito l’impatto della prova più dura da decenni a causa della pandemia di Covid.

Redazione Madrid

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