L’inflazione frena le vendite al dettaglio a marzo

Una donna con la mascherina fa la spesa al mercato.
Una donna con la mascherina fa la spesa al mercato. (ANSA)

ROMA.  – Frenano le vendite al dettaglio a mmarzo, come rileva l’Istat registrando un calo congiunturale dello 0,5% in valore e dello 0,6% in volume. Rispetto ad un anno prima, invece, i dati sul commercio di marzo restano con il segno più: le vendite al dettaglio aumentano del 5,6% in valore e del 2,5% in volume mentre nel primo trimestre sono aumentate in valore del 6,3% annuo.

Dal mondo delle piccole imprese e degli artigiani, intanto,  Confartigianato accende un faro sul sommerso, chiede “tolleranza zero” e con una analisi del suo centro studi ne evidenzia le dimensioni e ne sottolinea una lettura: “Sono 709.959 le aziende italiane maggiormente esposte alla concorrenza sleale ad opera di un milione di operatori abusivi che si spacciano per imprenditori”, il maggior numero nel Nord.

I dati Istat sul commercio indicano che a marzo sono in crescita le vendite dei beni non alimentari (+11,6% in valore e +10,4% in volume) mentre gli alimentari registrano un calo sia in valore (-0,5%) che in volume (-6,0%). Il valore delle vendite al dettaglio su marzo 2021 cresce per la grande distribuzione (+4,6%), le imprese operanti su piccole superfici (+7,7%) mentre e’ in calo il commercio elettronico (-3,9%). Nel primo trimestre dell’anno “Non è una sorpresa” la frenata di marzo “in linea con il rallentamento dell’economia e la persistente crescita dell’inflazione”, avverte Confcommercio.

“Frenata attesa” anche per Confesercenti che chiede al Governo di sostenere la domanda interna. C’è “preoccupazione” anche per Federdistribuzione che rileva:  “Il 2022 prosegue nel segno dell’incertezza”. Anche Coldiretti evidenzia che è “il caro prezzi” che “taglia la spesa alimentare degli italiani”. Con i dati del suo centro studi Confartigianato lancia una campagna nazionale di informazione contro l’abusivismo dal titolo “Occhio ai furbi! Mettetevi solo in buone mani”; li definisce “pericolosi fantasmi” e stima che sono 3,2 milioni i lavoratori irregolari e gli operatori abusivi del sommerso, che vale 202,9 miliardi, l’11,3% del Pil ed il 12,6%; irregolare il 14% dei soggetti che svolgono attività indipendente e questa quota è aumentata di 0,6 punti percentuali rispetto al 2011.

Abusivismo e lavoro sommerso “non risparmiano nessuna regione d’Italia: il Mezzogiorno ha il record negativo con il tasso di lavoro irregolare sull’occupazione totale pari al 17,5: il Centro Nord al 10,7%, il Nord Est si ferma al 9,2%.  Maglia nera per la Calabria, dove non è regolare un quinto (21,5%) degli occupati, poi Campania (18,7%), Sicilia (18,5%), Puglia (15,9%), Molise (15,8%) e Sardegna (15,3%).

Il tasso più basso di lavoro irregolare sul totale degli occupati (8,4%) è nella Provincia autonoma di Bolzano. Ma è nel Nord che si annida il maggior numero di abusivi che si fingono imprenditori: in testa la Lombardia dove l’economia sommersa ne arruola 130.800; seguono Campania (121.200), Lazio (111.500), Sicilia (95.600) e Puglia (78.100).  A livello provinciale, Roma batte tutti con 84.000 abusivi, seguita da Napoli (59.500), Milano (47.400), Torino (30.600), Salerno (26.100).

(Paolo Rubino/ANSA).

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