Uccisi 3 palestinesi, l’ira dell’Anp scuote i negoziati

TEL AVIV. – I negoziati di pace tra israeliani e palestinesi vanno avanti: c’è voluta una nota del dipartimento di stato Usa per rassicurare sul futuro del processo di pace, faticosamente ripreso in queste settimane dopo anni di gelo, ma già a rischio sulla scia dell’uccisione da parte delle forze israeliane di tre palestinesi in scontri avvenuti nel campo profughi di Qalandyia. Un episodio che torna a far montare la collera dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), dopo le reazioni ai recenti annunci di nuovi progetti edilizi israeliani per i coloni nei Territori occupati, e che secondo i media ha causato comunque il rinvio per protesta di un nuovo abboccamento informale tra le parti che, a quanto pare, si sarebbe dovuto tenere a Gerico, in Cisgiordania. ”Posso assicurare che non è stato cancellato alcun incontro”, ha tuttavia minimizzato un portavoce americano ada Washington, dicendosi convinto che le parti restino ”impegnate a portare avanti negoziati seri e serrati”. Fatto sta che della presunta riunione di Gerico – il cui svolgimento, pur confermato da Israele, era stato annunciato a Ramallah – non si è poi avuta traccia. L’episodio di Qalandyia ha spinto del resto il presidente dell’Anp, Abu Mazen, a scendere in campo in con toni duri. ”I crimini commessi da Israele e l’incessante costruzione di nuove colonie nei territori occupati – ha tuonato – rappresentano un chiaro messaggio sulle intenzioni israeliane verso il processo di pace”. Anche il nuovo primo ministro palestinese Rami Hamdallah, in visita ai feriti ricoverati all’ospedale di Ramallah, ha bollato come ”inaccettabile”, in dichiarazioni all’Ansa, quello che ha definito ”l’uso sproporzionato della forza da parte d’Israele contro la popolazione inerme palestinese”. Mentre per Hanan Ashrawi, ex negoziatrice dell’Olp, ”l’eccessiva e indiscriminata violenza e l’utilizzo di proiettili veri in zone densamente popolate è una chiara infrazione delle leggi umanitarie e internazionali”. I fatti di Qalandyia – condannati anche dal ministro degli esteri egiziano Nabil Fahmi in visita in Cisgiordania – sono avvenuti in seguito a un blitz per l’arresto di un sospetto condotta dalla polizia di frontiera israeliana nel campo profughi. Arresto al quale, secondo fonti israeliane, si sono opposti circa 1500 residenti del campo che hanno iniziato un fitto lancio di pietre e, stando agli agenti, anche di molotov. Alle guardie di frontiera si è aggiunto, di rinforzo, un reparto dell’esercito israeliano: il cui comando ha poi giustificato la sparatoria, in un rapporto citato da Haaretz, sostenendo che i soldati si sarebbero sentiti in ”imminente pericolo di vita”. Sul terreno sono rimaste subito due vittime: Rovin Zaed, di 34 anni, e Younes Jahjouh, di 22. Un terzo giovane, Jihad Asslan (21), è deceduto in mattinata all’ospedale di Ramallah. ”I tre – ha spiegato all’Ansa Samir Saliba, direttore del pronto soccorso dell’ospedale di Ramallah – mostravano numerose ferite di arma da fuoco al petto e all’addome”.Fra i diversi feriti, inoltre, sei sono stati operati e ”rischiano di non farcela”, ha precisato il medico. I tumulti, secondo i media israeliani, sono poi continuati anche durante il giorno. Ma per ora – almeno secondo l’annuncio americano – i negoziati sembrano destinati a continuare.

Massimo Lomonaco/ANSA

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