Ucraina, Patriarca Kirill: “Giusto combattere, è contro la lobby gay”

Kirill il patriarca di Mosca e tutte le Russie in una foto d'archivio
Kirill il patriarca di Mosca e tutte le Russie in una foto d'archivio. ANSA/YURI KOCHETKOV

ROMA. – Da più parti nei giorni scorsi, sia dal fronte cattolico che da quello ortodosso ucraino facente capo al suo stesso Patriarcato moscovita, si erano levate voci affinché il patriarca Kirill – notoriamente legato a doppio filo a Vladimir Putin – si pronunciasse chiaramente contro la guerra d’invasione.

Ma la sua risposta è stata di tutt’altro tenore. In un sermone-shock pronunciato ieri nella Domenica del Perdono, che in Russia apre la Quaresima, Kirill ha infatti parlato in termini apertamente giustificazionisti della guerra in Ucraina, vista come lotta contro la promozione di modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana.

L’esempio principe? Il Gay Pride. Per il patriarca di Mosca, lo “scoppio delle ostilità” è arrivato dopo che “per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass”, “dove c’è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”.

E secondo Kirill “oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo ‘felice’, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della ‘libertà’ visibile. Sapete cos’è questo test? E’ molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay”.

Nel suo sermone al termine della Divina Liturgia nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, il patriarca ortodosso ha fatto riferimento solo alle vittime filo-russe nel Donbass, e mai a quelle dell’attuale invasione. E ha esortato alla resistenza contro i “valori” promossi dalla lobby gay.

“Se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio – ha osservato -, se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì”. E le parate gay “sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano”.

“Ecco perché per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del Gay Pride – ha proseguito -. E sappiamo come le persone resistono a queste richieste e come questa resistenza viene repressa con la forza. Ciò significa che si tratta di imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio”.

Secondo Kirill, “ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali, quindi, non ha solo un significato politico”: “si tratta della salvezza umana, di dove andrà a finire l’umanità”. “Tutto ciò che dico non ha solo un significato teorico e non solo un significato spirituale. Intorno a questo argomento oggi c’è una vera guerra”, ha rimarcato.

“Siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico – ha quindi insistito a proposito della necessità di combattere -. So come, purtroppo, gli ortodossi, i credenti, scegliendo la via di minor resistenza in questa guerra, non riflettano su tutto ciò a cui pensiamo oggi, ma seguano umilmente la strada che mostrano loro i poteri costituiti”.

“Oggi i nostri fratelli nel Donbass, gli ortodossi, stanno indubbiamente soffrendo, e noi non possiamo che stare con loro, soprattutto nella preghiera”, ha concluso Kirill. Allo stesso tempo, “dobbiamo pregare affinché la pace giunga al più presto, che il sangue dei nostri fratelli e sorelle si fermi, che il Signore inclini la sua misericordia verso la terra sofferente del Donbass, che ha portato questo segno triste per otto anni, generato dal peccato e dall’odio umani”.

Ieri il patriarca pronunciava queste parole negli stessi momenti in cui papa Francesco lanciava il suo nuovo appello contro la “pazzia” e “crudeltà” di una guerra in cui “scorrono fiume di sangue e di lacrime”. “Quello che si deve fare adesso, prima di tutto è fermare le armi e i combattimenti ma soprattutto evitare una escalation. E la prima escalation è proprio quella verbale”, ha detto oggi a Tv2000 il segretario di Stato, card. Pietro Parolin, spiegando che “l’intervento della Santa Sede si colloca a più livelli”, “religioso”, “umanitario” e “poi c’è la disponibilità di iniziative sul piano diplomatico”.

Intanto sono al via le missioni verso l’Ucraina dei due cardinali inviati dal Pontefice: l’elemosiniere Konrad Krajewski, che cercherà di raggiungere il Paese passando per la Polonia, e del prefetto ‘ad interim’ per lo Sviluppo umano, Michael Czerny, che transiterà invece dall’Ungheria.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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