Ue: sì ai controlli interni a Schengen fino a due anni

Un villagio in zona Schengen in Lussemburgo.
Un segnale in area Schengen. EPA/NICOLAS BOUVY

BRUXELLES.  – Di fronte ad emergenze come quella Covid, ad attacchi ibridi come quello perpetrato della Bielorussia o a flussi eccezionali di migranti i Paesi europei potranno operare una stretta sulle proprie frontiere per un periodo massimo di due anni.

La Commissione Ue, in attesa della riforma di Dublino, mette sul tavolo una prima proposta di revisione del Codice Schengen. Permettendo a Stati come Germania, Francia o Olanda di sbarrare le porte ai cosiddetti movimenti secondari.

La proposta, tuttavia, non preocupa eccessivamente l’Italia.  “L’attivazione della chiusura dei confini è dovuta solo a casi emergenziali, relativi a fenomeni ben individuati. É una direttiva che negozieremo ma non c’è nessun allarme”, ha sottolineato il sottosegretario agli Affari Ue Enzo Amendola.

A dare il là alla proposta Ue, sottoposta nelle ultime ore a continue limature, sono stati due elementi: il mancato coordinamento sulle frontiere nella prima ondata pandemica e la necessità di dotarsi di una “cassetta degli attrezzi” contro la strumentalizzazione politica dei flussi. Poi c’è il nodo dei movimenti secondari, caro ai Paesi del Nord e alla Francia in vista del nuovo Patto di Migrazione e Asilo. “I movimenti secondari non sono previsti dalla legge”, ha sottolineato, tranchant, il vice presidente della Commissione europea Margaritis Schinas presentando le modifiche.

La loro principale novità – che va a toccare gli articoli 25 e 28 del regolamento – sta dunque nella reintroduzione dei controlli che un Paese può attivare in due occasioni: di fronte a “eventi imprevisti” o in casi eccezionali ma “prevedibili”.

Nella prima fattispecie un governo può agire unilateralmente chiudendo le frontiere per un periodo limitato a tre mesi. Nella seconda, un Paese può reintrodurre controlli per due anni al massimo ma non può certo limitarsi a notificare la sua decisione. Il governo interessato, sottolinea l’esecutivo Ue,  “deve giustificare la proporzionalità e necessità della sua azione tenendo in considerazione l’impatto sulla libertà di circolazione”. Non solo. Dopo 18 mesi la Commissione è obbligata ad esprimere un parere sulla motivazione dell’iniziativa del Paese membro.

Della proposta non si parlerà al summit dei leader Ue che si terrà fra 48 ore. Ma il dossier migranti, nella sua dimensione esterna, sarà argomento centrale. L’Italia attende che siano presentati i piani ad hoc, con le relative risorse – ipotesi considerata probabile – e tornerà a chiedere che la Commissione assuma un coordinamento della politica di riammissione e rimpatri. Fonti diplomatiche a Bruxelles spiegano come, per Paesi come Italia, Spagna o Grecia, il tema dei movimenti secondari deve andare di pari passo a quello dei movimenti primari.

L’obiettivo di Roma è arrivare a un nuovo Patto organico che sia segnato da responsabilità e solidarietà. Il tema delle redistribuzioni automatiche, è la consapevolezza dell’Italia, non può essere affrontato in maniera separata. Più percorribile, si ragiona nei palazzi dell’Unione europea, un’evoluzione dell’accordo di Malta nella separazione tra sbarchi “naturali” e arrivi dopo operazioni di salvataggio in mare. Ed è su questo punto, dirimente per l’assunzione di una responsabilità europea, che si concentrano le aspettative italiane. Molto dipenderà dalla presidenza francese. Con Emmanuel Macron che nel frattempo incassa, alla vigilia delle presidenziali, il cambio del Codice di Schengen sul fronte dei movimenti secondari.

(di Michele Esposito/ANSA).

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