Schwazer: Wada contrattacca, inorriditi da decisione

Alex Schwazer in una foto di archivio.
Alex Schwazer in una foto di archivio. ANSA / Giancarlo Colombo

ROMA.  – La sentenza del Gip di Bolzano dà una chance di riscatto ad Alex Schwazer, ma non gli apre le porte del paradiso. La redenzione e il perdono in ambito sportivo sono una strada tutta in salita per il marciatore altoatesino, e lo dimostra l’immediata e feroce reazione della Wada all’esito del procedimento penale di Bolzano. L’Agenzia mondiale antidoping si dice “inorridita” dalla sentenza e non solo respinge le accuse contenute nelle 80 pagine del dispositivo ma minaccia le vie legali.

Fare breccia nel muro che antidoping e giustizia sportiva internazionali hanno eretto intorno a Schwazer sarà un’impresa, e ancora una volta il miraggio olimpico obbliga a bruciare le tappe dell’azione. A sostegno dell’oro a Pechino 2008 arrivano però le parole del presidente del Coni, Giovanni Malagò, assicurando che “saranno valutati gli sviluppi a tutti i livelli, per fugare ogni dubbio sulla vicenda”.

Ma i dubbi che il Gip di Bolzano ha sparso a piene mani sull’attendibilità, e l’onestà, di chi ha condotto e gestito il caso dall’atleta sono considerati addirittura diffamatori dalla Wada. In un tweet, l’Agenzia afferma di aver preso atto “con grave preoccupazione” di quanto rilevato dal giudice che, su richiesta della Procura, ha archiviato ogni accusa a carico di Schwazer per la positività emersa nel 2016.

La Wada si dice “inorridita dalle accuse spericolate, prive di fondamento e diffamatorie”, in quanto, a suo dire, contro Schwazer c’erano “prove travolgenti corroborate da esperti indipendenti” che il giudice “ha rigettato in favore di teorie prive di sostanza”. “Una volta analizzato il provvedimento – si conclude – si valuterà ogni opzione disponibile, inclusa l’azione legale”. Nessuna mano tesa quindi, anzi.

Ora all’atleta serve dimostrare che le provette del test che lo hanno portato ad una squalifica di otto anni – scadenza giugno 2024 – furono alterate, ma la giustizia sportiva, una volta espresso il Tas di Losanna, non lascia grandi margini, se non un ricorso all’Alta Corte Federale elvetica o alla Corte internazionale dei diritti dell’uomo. Difficile, però, che una risposta, anche positiva, arrivi in tempo per volare a Tokyo.

Sandro Donati, il tecnico che ha scommesso su Alex dopo la squalifica per positività ai Giochi di Londra 2012, ritiene che la faccenda si potrebbe risolvere “a livello politico” e se il marciatore può rientrare “con un paio di mesi di allenamento lo metterei nella condizione che sarebbe molto difficile batterlo anche a livello mondiale”.

Ma la strada è in salita, e Donati non sembra ottimista, sentendosi a sua volta nel mirino: “Non è mai piaciuto che io lavorassi con un atleta che aveva avuto problemi col doping. L’antidoping è controllato politicamente e tenuto basso come efficacia. Quando si è creata la falsa positività qualcuno l’ha sostenuta ed è stata l’occasione per colpire me”.

In questi anni, è sempre Donati a parlare, pochi sono stati loro vicini, “in maniera chiara solo il presidente del Coni e il segretario generale, Mornati, dal punto di vista umano e pratico, sempre e con discrezione. Per il resto non abbiamo sentito mai nessuno, tantomeno gli atleti”. A farsi avanti è oggi Filippo Magnini, anche lui accusato, condannato e scagionato: “Sono contento che Schwazer abbia trovato la forza e la costanza per far valere le proprie ragioni. Il danno all’immagine rimane irreparabile, ma penso agli anni di sofferenza di quest’uomo”.

Una vicenda cui tiene anche Malagò, portando non solo solidarietà: “Il Coni l’ha sempre seguita e continuerà con attenzione e interesse, perché è un dovere per tutti avere chiarezza e non lasciare ombre e sospetti di cui lo sport sicuramente non ha bisogno”.

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