Autunno nero, Confesercenti: 90mila imprese a rischio

Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti.
Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. (Ansa)

ROMA.  – Confesercenti teme un “autunno nero” con 90mila imprese del commercio e del turismo “pronte a chiudere”, ed una su quattro a ridurre il personale. L’allarme lavoro è lanciato anche da Unioncamere che prevede una riduzione del numero di occupati tra -277mila e -805mila nel bienio 2020-2021 (tra il -1,2% ed il – 3,4%,)  per poi tornare a crescere di 456mila nel successivo triennio 2022-2024.

“Nel commercio e nel turismo ci sono circa 90mila imprese pronte a chiudere per sempre i battenti già da questo autunno, anche al netto di nuovi lockdown. Un colpo senza precedenti al lavoro autonomo, che avrà conseguenze anche sul lavoro dipendente: tra le attività che proveranno a resistere, infatti, quattro su dieci segnalano la necessità di ridurre il personale”, è l’allarme lanciato da Confesercenti (sulla base di un sondaggio condotto tra le imprese con Swg).

Ed  avverte: “Serve uno scatto in avanti”, serve un “accordo tra Governo e parti sociali per riformare fisco e lavoro e dare il via a una nuova fase”; per la presidente, Patrizia De Luise, “i provvedimenti presi fino ad ora hanno aiutato ad attutire il colpo, ma serve una diversa prospettiva: dobbiamo passare da un’ottica di emergenza ad una di rilancio”, bisogna “mettere urgentemente in campo le due riforme che il nostro paese ha sempre rimandato, e che oggi sono necessarie più che mai: quella del sistema fiscale e quella del lavoro”; “Serve un sistema impositivo più leggero e flessibile”.

L’attenzione di Confesercenti è ora sulla conversione del Dl Agosto: “E’ la prima occasione utile per dare risposte a chi fino ad ora non le ha avute: non manchiamola”.

Intanto Unioncamere aggiorna le stime, basate sul sistema informativo Excelsior, sulla possibile evoluzione del fabbisogno di posti di lavoro legata sia al turnover (i lavoratori da “sostituire”, a partire dai pensionamenti previsti nel periodo) sia alla situazione economica del Paese (incrementi o diminuzione di posti di lavoro determinati dall’andamento annuale del Pil).

Con le incertezze sul percorso di ripresa, dopo l’impatto dell’emergenza Covid, la forbice delle stime è ancora ampia ma lo scenario è chiaro: indica che lo “stock di occupati” si ridurrà nel biennio 2020-2021 per tornare ad aumentare solo nel successivo triennio.

Al termine dei cinque anni 2020-2024 la perdita di occupati potrebbe essere ancora da colmare: Unioncamere delinea infatti due possibili scenari di evoluzione dell’economia, uno “base” che porterebbe a 179mila occupati in più  a fine 2024 rispetto al 2019, ed uno “avverso” in cui “si prospetterebbe una flessione dello stock di occupati di circa 556mila unità a fine quinquennio”.

Considerando che “il sistema economico italiano dovrà sostituire oltre 2,5 milioni degli attuali occupati, perché questi ultimi avranno raggiunto l’età di pensionamento o per altre cause”, Unioncamere prevede “un fabbisogno complessivo compreso tra 1,9 e 2,7 milioni di lavoratori” nei cinque anni tra 2020 e 2024.

Complessivamente “sarà il Nord Ovest ad avere bisogno della quota maggiore di occupati (tra 609mila e 844mila unità), seguito dal Nord Est (492mila e 665mila unità), dal Mezzogiorno (500mila e 661mila unità), e – in misura minore – dalle regioni del Centro (tra 361mila e 527mila unità).

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